Grana Padano DOP
Il Grana Padano DOP è un formaggio a pasta dura, cotta ed a lenta maturazione. Si produce in trentadue province dell’Emilia-Romagna, della Lombardia, del Piemonte, del Trentino-Alto Adige e del Veneto.
La zona di produzione del Grana Padano DOP interessata è la grande pianura della Valle Padana.
Più precisamente: l’intera Lombardia, ad esclusione della parte destra Po della provincia di Mantova; le province di Trento e parte di Bolzano in Trentino Alto Adige; il Veneto, esclusa la provincia di Belluno; Ferrara, Forlì-Cesena, Piacenza, Ravenna, Rimini e parte della provincia di Bologna in destra Reno per l’Emilia Romagna.
Ciò significa che tutte le tre fondamentali fasi della filiera produttiva (allevamento e mungitura delle bovine, raccolta e trasformazione del latte di vacca in formaggio, stagionatura, eventuale grattatura) devono obbligatoriamente avvenire nella zona di origine.
La storia narra che il formaggio grana della pianura padana nacque nel 1134 nell’abbazia di Chiaravalle, pochi chilometri a sud di Milano.
Veniva prodotto in apposite caldaie all’interno dei monasteri che possono essere considerati i primi caseifici.
I monaci lo chiamarono caseus vetus, formaggio vecchio.
Il popolo che non aveva dimestichezza con il latino, gli diede un altro nome, derivato dalla particolarità della pasta, compatta ma granulosa.
Così nacque il nome di formaggio di grana o più semplicemente grana.
I grana più citati sono il lodesano o lodigiano, considerato da molti il più antico, il milanese, il parmigiano, il piacentino ed il mantovano.
Il momento della svolta nella produzione dei formaggi è datato 1951.
A Stresa, nel giugno di quell’anno, tecnici e operatori caseari europei siglarono una “Convenzione”, nella quale fissarono norme precise in tema di denominazioni dei formaggi e indicazioni sulle loro caratteristiche.
In quella occasione vennero distinti il formaggio “di Grana Lodigiano” che poi è divenuto Grana Padano e il “Parmigiano Reggiano”.
Si dovette però attendere il 10 aprile 1954, perché l’Italia stabilisse alcune norme sulla “Tutela delle Denominazioni di origine e tipiche dei formaggi”.
Il 30 ottobre 1955 fu emanato il Decreto del Presidente della Repubblica n. 1269 sul “Riconoscimento delle denominazioni circa i metodi di lavorazione, caratteristiche merceologiche e zone di produzione dei formaggi”, compreso il Grana Padano.
Nel 1996 il Grana Padano ha ottenuto il riconoscimento della Denominazione di Origine Protetta da parte dell’Unione Europea.
A seguito del mutato regime conseguenza di detto riconoscimento, le funzioni di controllo – che consistono nella verifica della sussistenza delle condizioni stabilite dal Disciplinare di produzione affinché il prodotto abbia diritto all’apposizione del marchio a fuoco romboidale, distintivo della Denominazione di Origine Protetta Grana Padano – sono oggi esercitate, su designazione del Consorzio e autorizzazione del Ministero per le Politiche Agricole, dalla CSQA Certificazioni Srl, con sede a Thiene (VI).
La denominazione di origine protetta Grana Padano si riferisce al formaggio prodotto durante tutto l’anno con latte crudo di vacca proveniente dalla zona di produzione definita dal Disciplinare.
È sempre il disciplinare di produzione a regolamentare l’alimentazione delle vacche da latte che si basa sull’utilizzo di alimenti ottenuti dalle coltivazioni aziendali o nell’ambito del territorio di produzione del latte.
Nella razione giornaliera non meno del 50% della sostanza secca deve essere apportata da foraggi con un rapporto foraggi/mangimi, riferito alla sostanza secca, non inferiore a 1.
Almeno il 75% della sostanza secca dei foraggi della razione giornaliera deve provenire da alimenti prodotti nel territorio di produzione del latte.
Tra i foraggi ammessi più rappresentativi troviamo i foraggi freschi o affienati da prati stabili o artificiali o sfalciati, che fin dal Medioevo costituivano la base dell’alimentazione.
A questi si sono aggiunti gli insilati di trinciato di mais o di altre foraggere, i fieni silo.
Tra i mangimi ammessi spiccano i cereali e la soia.
Non è ammesso l’impiego della colza.
Il Grana Padano DOP si produce esclusivamente con latte crudo di vacca, proveniente dalla zona di produzione, parzialmente decremato mediante affioramento naturale, munto non più di due volte al giorno da bovine alimentate secondo regole precise e lavorato esclusivamente in caldaie in rame o con rivestimento interno in rame a forma di campana rovesciata, da ognuna delle quali si ricavano due forme.
Al latte in caldaia viene aggiunto il siero innesto naturale, viene poi riscaldato a una temperatura di 31-33 °C e addizionato di caglio di vitello per la coagulazione.
Si procede con la rottura della cagliata con lo spino e alla successiva cottura sotto agitazione fino ad una temperatura di 53-56 °C.
La massa caseosa si deposita sul fondo della caldaia ed è lasciata riposare fino ad un massimo di 70 minuti, perché rassodi e spurghi il siero.
Infine gli operatori, con una pala in legno ed un telo “schiavino”, la sollevano all’interno della caldaia e la tagliano in due parti uguali, le “forme gemelle”.
Ognuna di esse è avvolta in un telo di lino, estratta dalla caldaia e posta sullo spersore.
A questo punto ogni nuova forma è racchiusa in una “fascera”, un tempo di legno ed oggi di idoneo materiale plastico, tenuta ben stretta e leggermente pressata da un disco dello stesso materiale.
Dopo circa 12 ore dalla “messa in forma”, tra la “fascera” e la parte laterale della forma (lo scalzo), è inserita un’altra fascia di plastica, la fascera marchiante, con in rilievo i marchi di origine: il quadrifoglio con impresso il numero di matricola del caseificio, la sigla della provincia e il mese e l’anno di produzione, e le piccole losanghe romboidali tratteggiate che riportano al loro interno alternativamente le parole “GRANA” e “PADANO”. Inoltre a ogni forma è applicata una placca di caseina, che diventerà parte della crosta, con un codice identificativo che ne permette la rintracciabilità.
Dopo 24 ore si sostituisce la fascera con una di acciaio, costellata da piccoli fori e leggermente bombata, che in un giorno circa dà al formaggio la definitiva forma caratteristica: scalzo convesso e piatti piani.
Ora, è pronto per la salatura, immerso in una soluzione di acqua e sale per un periodo che varia dai 14 ai 30 giorni.
Dopo l’asciugatura in un locale adatto detto camera calda o locale di stufatura, inizia la stagionatura, da un minimo di 9 a oltre 20 mesi, in ambienti ben coibentati, con moderni sistemi di controllo della temperatura, dell’umidità e dell’aerazione.
Durante il lungo periodo della stagionatura, il Grana Padano subisce una serie di mutamenti chimico-fisici, e microbiologici che si riflettono sulle caratteristiche organolettiche.
In questi mesi le forme vengono curate, pulite e girate ogni 15 giorni circa.
Queste operazioni un tempo completamente manuali, oggi sono assicurate da macchine spazzolatrici e rivoltatrici robotizzate.
Al nono mese le forme di Grana Padano sono esaminate da esperti del Consorzio di Tutela con i tradizionali strumenti di controllo – il martelletto, l’ago e la sonda.
Se superano tutte le prove, ricevono il marchio a fuoco, che garantisce la qualità “sana, leale e mercantile” del Grana Padano DOP; ad apporlo sulle forme sono i tecnici dei caseifici, sotto l’occhio dei funzionari del Consorzio di Tutela e su disposizione dell’ente certificatore (CSQA). La riproduzione del marchio deve comparire su tutte le confezioni di grattugiato e di porzionato, garantendo così il consumatore che il formaggio contenuto può legittimamente fregiarsi della DOP “Grana Padano”.
Senza questo marchio, il formaggio non può essere denominato né commercializzato come Grana Padano DOP.
Le forme che recano i marchi di origine “Grana Padano”, ma se al controllo finale non risultano conformi ai requisiti necessari, vengono sottoposte alla cancellazione dei suddetti marchi mediante “retinatura”, cioè ricoperte da segni che mascherano rombi e quadrifoglio che identificano come Grana Padano un formaggio che non lo è diventato.
Una forma di Grana Padano DOP deve obbligatoriamente avere un peso variabile compreso tra 24 kg e 40 kg: per ottenere un chilo di formaggio Grana Padano occorrono circa 15 litri di latte.
In passato il grana poteva distinguersi in tre cicli stagionali:
“vernengo”: quando è prodotto da dicembre a marzo
“di testa”: quando è prodotto da aprile a giugno (è considerato il migliore)
“tardivo o terzolo”: quando è prodotto da ottobre a novembre
Questo dipendeva dai foraggi freschi con cui erano alimentate le vacche nei vari periodi stagionali, che conferivano colore e aromi differenti al latte e conseguentemente al formaggio. Oggi questa distinzione è superata in quanto l’alimentazione delle bovine resta sostanzialmente la stessa durante tutto l’anno.
I foraggi utilizzati infatti sono per lo più conservati e solo raramente freschi.
In questo modo si ottengono produzioni più costanti ed omogenee.
La forma e dimensione del grana è cilindrica a facce piane del diametro di 35-45 cm, con scalzo convesso, alto 18-25 cm, peso variabile fra i 24 e i 40 kg.
La crosta è dura, liscia e grossa, di colore paglierino o marrone.
La pasta è dura, granulosa, di colore bianco o paglierino, con presenza di occhiatura molto fine, a volte poco visibile, distribuita in modo regolare.
Dopo 12 mesi di stagionatura sono presenti cristalli di tirosina.
Formaggio semigrasso, di lunga stagionatura, a pasta dura.
Intensità aromatica e sensazioni: media e medio alta.
Valori nutrizionali per 100gr: valore energetico 402kcal grassi 30g proteine 33g
Formaggio da tavola o da grattugia, ottimo sulla pastasciutta e sulle paste ripiene, nelle quali fa parte del ripieno.
Se invecchiato non oltre 12 mesi predilige vini bianchi decisi, sia nella consistenza, sia nel profumo.
Se vecchio è ottimo con i vini rossi.
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