Parmigiano Reggiano
Parmigiano Reggiano è un formaggio DOP, a pasta dura, prodotto con latte crudo, parzialmente scremato per affioramento, senza l’aggiunta di additivi o conservanti. La zona di produzione del Parmigiano-Reggiano comprende le province di Parma, Reggio Emilia, Modena, Bologna a sinistra del fiume Reno e Mantova a sud del fiume Po.
Le origini del Parmigiano Reggiano di questo formaggio risalgono al Medioevo e vengono generalmente collocate attorno al XII secolo.
Le origini sono provate da documenti benedettini custoditi nelle abbazie di San Colombano, a Bobbio (Piacenza), di Pomposa, a Codigoro (Ferrara), di S. Silvestro di Nonantola (Modena), di S. Benedetto in Polirone (Mantova) che risalgono al XII secolo.
In quell’area, la presenza di corsi d’acqua e di ampi pascoli era fiorente e favoriva l’allevamento e la conseguente produzione di formaggio.
Già nel 1200 Boccaccio, nel Decamerone, lo citava: “Salsicce… eravi una montagna tutta di formaggio parmigiano grattugiato, sopra la quale stavan genti che niuna altra cosa facevan che fare maccheroni e raviuoli, e cuocergli in brodo di capponi…”.
Boccaccio nel Decamerone dimostra che già nel 1200-1300 il Parmigiano-Reggiano aveva raggiunto la tipizzazione odierna, il che spinge a supporre che le sue origini risalgano a diversi secoli prima.
Non è escluso che la ricetta sia analoga a quella di un formaggio piacentino appunto chiamato “il Piacentino” e ad uno lodigiano (il Granone Lodigiano) a pasta dura che talvolta troviamo citato di sfuggita nelle fonti romane.
Storicamente la culla del Parmigiano-Reggiano fu nel XII secolo, accanto ai grandi monasteri e possenti castelli in cui comparvero i primi caselli: piccoli edifici a pianta quadrata o poligonale dove avveniva la lavorazione del latte.
I principali monasteri presenti tra Parma e Reggio erano quattro: due benedettini (San Giovanni a Parma e San Prospero a Reggio) e due cistercensi (San Martino di Valserena e Fontevivo, entrambi nel parmense).
Per avere dei prati con buone produzioni da destinare all’allevamento di bestiame di grossa taglia, sia quale forza motrice, sia quale fonte di fertilizzante, era necessario avere terreni con abbondanza d’acqua e non è un caso che le maggiori praterie si formassero là dove c’era abbondanza di acqua sorgiva: a Parma nell’area a nord della città e in quella di Fontanellato-Fontevivo; mentre a Reggio il territorio più ricco d’acqua era tra Montecchio Emilia e Campegine (quest’ultima zona era allora soggetta a Parma).
Nel parmense poi, grazie alle saline di Salsomaggiore, era presente, a differenza di altre città, il sale necessario per la trasformazione casearia.
Il Parmigiano-Reggiano si è rapidamente diffuso nell’attuale comprensorio situato a sud del Po, nelle province di Parma, Reggio nell’Emilia e Modena, toccando anche parte delle province di Bologna e Mantova.
Si tratta di un prodotto a Denominazione di origine protetta (D.O.P.), secondo la norma europea del Reg. CEE 2081/92 e il riconoscimento del Reg. (CE) N. 1107/96.
Solo il formaggio prodotto secondo le regole raccolte nel Disciplinare di produzione può fregiarsi del marchio Parmigiano-Reggiano.
Il Parmigiano-Reggiano deve riportare sulla parte esterna della forma i contrassegni nella loro integrità atti a identificare e distinguere il prodotto. Connubio necessario alla produzione di questo formaggio sono i prati stabili e l’allevamento bovino.
I marchi d’origine, apposti alla nascita del formaggio, sono:
i segni impressi con la fascera marchiante lungo tutto lo scalzo della forma, che riportano i puntini con la scritta “PARMIGIANO-REGGIANO”, il numero di matricola del caseificio, il mese e l’anno di produzione, la scritta “D.O.P.”, la scritta “CONSORZIO TUTELA”;
la placca di caseina, applicata sulla superficie, che riporta l’anno di produzione, la scritta “C.F.P.R.”, e un codice alfanumerico che identifica in modo univoco ogni singola forma.
Attualmente gran parte della produzione del Parmigiano-Reggiano avviene con latte prodotto da vacche Frisone, introdotte nel territorio nel corso del Novecento, ma la razza tradizionalmente sfruttata per la produzione del formaggio è la Reggiana rossa, a triplice attitudine (latte, lavoro e carne), introdotta probabilmente dai Longobardi.
Purtroppo la sua produzione di latte è poco più della metà di quello della Frisona, sebbene di qualità assai superiore, e questo ne spiega l’abbandono, unito anche al fatto che la sua forza e l’attitudine al lavoro sono divenute inutili con l’avvento dei trattori.
Alcuni piccoli caseifici ne usano ancora il latte per produrre un formaggio di qualità superiore. Per conoscere la storia e la qualità del parmigiano reggiano prodotto con latte di razza rossa reggiana, si può consultare il sito dell’Associazione Nazionale Allevatori Bovine di Razza Reggiana (ANABoRaRe).
Una forma di formaggio Parmigiano-Reggiano deve obbligatoriamente avere un peso variabile compreso tra 24 kg e oltre 40 kg, anche se mediamente s’aggira sui 38,5 kg.
Per produrre una forma di Parmigiano-Reggiano servono circa 550 litri di latte con una media di 16 litri per ogni chilogrammo di formaggio prodotto.
Il latte crudo della munta serale viene posto in bacinelle per l’affioramento.
Scremato, si miscela con il latte intero della munta mattutina all’interno di caldaie in rame dalla tipica forma a campana.
Dopo l’inoculo con sieroinnesto proveniente dalla lavorazione precedente, il latte viene addizionato con caglio di vitello in polvere.
La cagliata, presamica, subisce una rottura con lo spino alle dimensioni di un chicco di miglio e viene cotta alla temperatura di circa 54°.
La pasta si deposita sul fondo della caldaia, dove si concede una lunga sosta. Dopo di che si taglia in due pezze e si estrae con un telo di lino.
Ogni forma trova posto in fascere, dove vengono applicate le placche di caseina, quindi nelle fascere marchianti, che imprimono anche la classica puntinatura.
Infine, la salatura, in salamoia.
La stagionatura si protrae almeno 12 mesi, dopo i quali il prodotto può essere marchiato Export e Extra.
Dopo 18 mesi ottiene la qualifica di Scelto Sperlato.
Solo dopo l’espertizzazione, il Parmigiano Reggiano può avvalersi della marchiatura D.O.P.
Le prove effettuate dall’espertizzatore consistono nella battitura delle forme con martelletto, nella foratura con uno spillo per la prova olfattiva e nell’apertura di una forma scelta tra un numero prestabilito.
La crosta è dura, spessa, liscia, di colore paglierino o paglierino carico.
È caratterizzata dalla classica puntinatura, che viene eliminata nel caso la forma non superi la prova di espertizzazione.
La pasta è evidentemente granulosa, dura e friabile, di colore paglierino chiaro e paglierino carico.
L’occhiatura è molto fine, quasi impercettibile, distribuita in modo regolare, mentre sono visibili e percettibili, anche in bocca, i cristalli bianchi di tirosina.
Può essere gustato da solo, come snack per l’aperitivo, con marmellate e con frutta fresca. Aggiunge sapore ai primi piatti, grattugiato a scaglie sulla pasta o sui risotti, alle verdure e alle insalate.
E’ impiegato anche come ottimo ingrediente per i ripieni di paste e torte salate.
Grana Padano DOP
Taleggio
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