Bianchetti in Frittelle
I Bianchetti in Frittelle sono un antipasto o un secondo piatto gustoso e saporito, da proporre in un pranzo o cena a base di pesce.
Per i Bianchetti in Frittelle
disporre tutti gli ingredienti dosati sul piano di lavoro.
Lavare sotto acqua corrente,
asciugare con carta assorbente da cucina,
i bianchetti e tenere da parte.
Preparare la pastella:
Mettere in una ciotola capiente,
la farina, i tuorli, il vino bianco,
l’olio ed una presa di sale.
Lavorare il tutto con una frusta
fino ad ottenere un impasto liscio ed omogeneo.
Lasciare riposare per 20 minuti.
In una altra ciotola
montare a neve ben ferma gli albumi con un pizzico di sale,
usando lo sbattitore elettrico.
Unire la pastella agli albumi montati
e mescolare delicatamente con un cucchiaio
dal basso verso l’alto.
Immergere i bianchetti
nella pastella preparata.
In una padella antiaderente capiente
mettere a scaldare l’olio di arachidi.
Aggiungere i bianchetti in pastella a cucchiaiate
e far rosolare in ogni loro parte,
girandoli ogni tanto fino a doratura completa.
Servire in tavola su piatto di portata
se servito come antipasto
o servire ogni commensale su piatto individuale
se servito come secondo piatto,
aumentando la dose individuale di ogni commensale,
guarnire con fettine di limone.
Nota
La Pastella per friggere al vino bianco è ideale per realizzare fritture delicate e squisite. La Pastella per friggere al vino bianco è molto morbida ed è adatta soprattutto alla frittura di verdure invernali come cavolfiori, finocchi, carciofi. La Pastella per friggere al vino bianco è una delicata preparazione per ogni tipo di frittura di pesce. La Pastella per friggere al vino bianco renderà croccanti le preparazioni senza appesantirle.
I bianchetti in Frittelle, se serviti come secondo piatto, si accompagnano con patatine al forno o fritte, con verdure cotte o crude a piacere.
La farina alimentare (dal latino farīna, derivato da far «farro») è il prodotto della macinazione dei frutti secchi o dei semi di varie piante: si ha farina di grano, di mais, di orzo, di farro, di riso, di avena, di segale, di castagne, di ceci, di mandorle, di grano saraceno. Comunemente però indichiamo col nome di farina, senza specificarne l’origine, quella ottenuta dal grano tenero (Triticum aestivum) e usata per la panificazione, in pasticceria e in cucina. La farina di grano duro, usata per la panificazione e la produzione di pasta alimentare, prende il nome di “semola”.
Una “farina” è un prodotto macinato fine; alla vista non sono distinguibili i singoli frammenti e al tatto risulta come una polvere impalpabile, come il talco o la polvere di cacao.
La farina 00 è quella più raffinata e priva di particelle di crusca e cruschello.
La farina integrale è quella con la più alta percentuale di cruschello e crusca, la legge italiana impone dei limiti che sono 1,3%-1,7% di presenza di ceneri (nella tabella qui sotto il valore delle ceneri corrisponde al valore di sali minerali). Il grano tenero macinato veramente in modo integrale possiede mediamente una percentuale di ceneri (sali minerali) che varia dal 2 al 2,2%, quindi nella farina integrale normalmente commercializzata una parte della crusca è asportata.
La proprietà più importante della farina è il fattore di panificabilità (chiamato spesso “Forza”, cioè la capacità di resistere nell’arco del tempo alla lavorazione. La Forza della farina deriva dalla qualità del grano macinato per produrla, quindi dal suo contenuto proteico, in particolare di quello di unità proteiche insolubili in acqua gliadine e glutenine. Queste proteine semplici poste a contatto con l’acqua e grazie all’azione meccanica dell’impastare, formano un complesso proteico detto glutine, che costituisce la struttura portante dell’impasto. Si tratta di un complesso viscoelastico stabilizzato da legami di natura covalente (ponti di solfuro, etc.) e non (legami idrogeno, ionici, interazioni di tipo idrofobico, forze di Van der Waals, etc.) che trattiene sia i componenti dell’impasto, microrganismi compresi, sia i gas, metaboliti secondari ecc. che si sviluppano all’interno nella struttura.
Le farine in commercio al dettaglio hanno un fattore di panificabilità variabile. Solitamente quella delle farine 0 e 00 generiche si aggira sul W 150, quella delle 00 specifiche per prodotti non lievitati (creme, torte a lievitazione chimica come il plum-cake, biscotti, crostate) dal W 80 al W 150, quella delle 00 e 0 specifiche per pizza dal W 200 al W 280, quella delle 00 specifiche per dolci lievitati intorno al W 300. Le farine chiamate manitoba portano il nome della provincia del Manitoba (Canada) di cui è originario il grano con cui sono prodotte; attualmente questa varietà è coltivata in tutto il mondo. La farina manitoba presenta un alto contenuto proteico e conseguentemente una maggiore capacità di assorbimento dei liquidi, maggiore elasticità e resistenza, comunque queste proprietà non implicano un maggior valore del fattore di panificabilità (forza) per cui non è detto che le farine manitoba siano più forti di altre varietà.
Le confezioni per uso domestico oramai indicano spesso sia il valore W della farina sia la composizione del prodotto. Se non è presente il valore di W, una qualche indicazione è data dal contenuto proteico. Quest’ultimo è sempre dichiarato ed è espresso in grammi e in percentuale nella tabella dei valori nutrizionali. Una farina 00 standard ne contiene ca. 9,5 g, una manitoba ca. 12,5. Più è alto il contenuto proteico, più la farina è da ritenersi forte e più lungo è il tempo minimo richiesto per la lievitazione.