Biscotti con Pasta Maddalena

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Biscotti con Pasta Maddalena

I Biscotti con Pasta Maddalena sono ottimi da servire con il thè, per la merenda o per la prima colazione.

Per i Biscotti con Pasta Maddalena
disporre tutti gli ingredienti dosati sul piano di lavoro.

Togliere il burro dal frigorifero
e lasciarlo a temperatura ambiente.

In un pentolino far sciogliere il burro,
farlo intiepidire e tenere da parte.

Lavare, asciugare con carta assorbente da cucina,
il limone, grattugiare la buccia facendo attenzione
di non prelevare la parte bianca sottostante e tenere da parte.

In 2 ciotole separate mettere in una i tuorli e nell’altra gli albumi.

Con lo sbattitore elettrico montare a neve
ben ferma gli albumi e tenere da parte.

Mettere nella ciotola dei tuorli, lo zucchero
e frustare con lo sbattitore elettrico con fruste ritorte
al fine di ottenere un impasto liscio, omogeneo e ben montato.

Aggiungere la farina, il limone grattugiato
e continuare a frustare con lo sbattitore elettrico
con fruste ritorte per 15 minuti
al fine di ottenere un impasto liscio ed omogeneo.

Unire al composto il burro fuso tiepido,
gli albumi montati a neve ed amalgamare il tutto
con un cucchiaio al silicone agendo dal basso verso l’alto.

Mettere il composto ottenuto in tanti stampini imburrati
ed infarinati leggermente fino ad esaurimento della pasta Maddalena.

Infornare a forno caldo a 160°C
fino a colorazione dei biscotti.

 

Servire in tavola su piatto di portata
o su alzatina per dolci.

 

 

Nota
Se non si possiedono gli stampini si può mettere la pasta Maddalena in una teglia da forno rivestita da carta da forno ed una volta cotta al forno, come indicato in ricetta, si possono ritagliare dei rombi e spolverizzarli con zucchero a velo.

Nell’impasto si può aggiungere, a piacere, 1 bicchierino di cognac o 2 cucchiai di succo di arancia o tutti e due insieme.

La farina alimentare (dal latino farīna, derivato da far «farro») è il prodotto della macinazione dei frutti secchi o dei semi di varie piante: si ha farina di grano, di mais, di orzo, di farro, di riso, di avena, di segale, di castagne, di ceci, di mandorle, di grano saraceno. Comunemente però indichiamo col nome di farina, senza specificarne l’origine, quella ottenuta dal grano tenero (Triticum aestivum) e usata per la panificazione, in pasticceria e in cucina. La farina di grano duro, usata per la panificazione e la produzione di pasta alimentare, prende il nome di “semola”.

Una “farina” è un prodotto macinato fine; alla vista non sono distinguibili i singoli frammenti e al tatto risulta come una polvere impalpabile, come il talco o la polvere di cacao.

La farina 00 è quella più raffinata e priva di particelle di crusca e cruschello.

La farina integrale è quella con la più alta percentuale di cruschello e crusca, la legge italiana impone dei limiti che sono 1,3%-1,7% di presenza di ceneri (nella tabella qui sotto il valore delle ceneri corrisponde al valore di sali minerali). Il grano tenero macinato veramente in modo integrale possiede mediamente una percentuale di ceneri (sali minerali) che varia dal 2 al 2,2%, quindi nella farina integrale normalmente commercializzata una parte della crusca è asportata.

La proprietà più importante della farina è il fattore di panificabilità (chiamato spesso “Forza”, cioè la capacità di resistere nell’arco del tempo alla lavorazione. La Forza della farina deriva dalla qualità del grano macinato per produrla, quindi dal suo contenuto proteico, in particolare di quello di unità proteiche insolubili in acqua gliadine e glutenine. Queste proteine semplici poste a contatto con l’acqua e grazie all’azione meccanica dell’impastare, formano un complesso proteico detto glutine, che costituisce la struttura portante dell’impasto. Si tratta di un complesso viscoelastico stabilizzato da legami di natura covalente (ponti di solfuro, etc.) e non (legami idrogeno, ionici, interazioni di tipo idrofobico, forze di Van der Waals, etc.) che trattiene sia i componenti dell’impasto, microrganismi compresi, sia i gas, metaboliti secondari ecc. che si sviluppano all’interno nella struttura.

Le farine in commercio al dettaglio hanno un fattore di panificabilità variabile. Solitamente quella delle farine 0 e 00 generiche si aggira sul W 150, quella delle 00 specifiche per prodotti non lievitati (creme, torte a lievitazione chimica come il plum-cake, biscotti, crostate) dal W 80 al W 150, quella delle 00 e 0 specifiche per pizza dal W 200 al W 280, quella delle 00 specifiche per dolci lievitati intorno al W 300. Le farine chiamate manitoba portano il nome della provincia del Manitoba (Canada) di cui è originario il grano con cui sono prodotte; attualmente questa varietà è coltivata in tutto il mondo. La farina manitoba presenta un alto contenuto proteico e conseguentemente una maggiore capacità di assorbimento dei liquidi, maggiore elasticità e resistenza, comunque queste proprietà non implicano un maggior valore del fattore di panificabilità (forza) per cui non è detto che le farine manitoba siano più forti di altre varietà.

Le confezioni per uso domestico oramai indicano spesso sia il valore W della farina sia la composizione del prodotto. Se non è presente il valore di W, una qualche indicazione è data dal contenuto proteico. Quest’ultimo è sempre dichiarato ed è espresso in grammi e in percentuale nella tabella dei valori nutrizionali. Una farina 00 standard ne contiene ca. 9,5 g, una manitoba ca. 12,5. Più è alto il contenuto proteico, più la farina è da ritenersi forte e più lungo è il tempo minimo richiesto per la lievitazione.

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