Braciole di Agnello alla Maremmana
Le Braciole di Agnello alla Maremmana sono un secondo piatto ottimo da gustare a pranzo od a cena con familiari ed amici.
Per le Braciole di Agnello alla Maremmana disporre tutti gli ingredienti dosati sul piano di lavoro.
Lavare, asciugare con carta assorbente da cucina, le foglie di prezzemolo, tritarle e tenere da parte.
Lavare sotto acqua corrente i capperi, asciugare con carta assorbente da cucina, strizzarli e tenere da parte.
Sgocciolare i filetti di acciuga dall’olio di conservazione, tritarli e e tenere da parte.
In un piatto fondo mettere il pangrattato e tenere da parte.
Preparare la salsa:
in una ciotola mettere le acciughe tritate, i capperi, il prezzemolo tritato, sale, pepe, l’aceto, sbattere con una forchetta in modo da emulsionare bene gli ingredienti e tenere da parte.
Lavare le braciole, asciugarle con carta assorbente da cucina, batterle leggermente con il pesta-carne per rompere le fibre, salarle, peparle, oliarle da ambo le parti e tenere da parte.
In una ciotola sbattere le uova con una forchetta, aggiungere pepe, sale ed immergere le braciole e lasciarle macerare per 60 minuti, girarle di tanto in tanto.
Passare le braciole nel pangrattato premendo con le dita in modo da farlo aderire bene.
In una padella antiaderente mettere a scaldare l’olio evo.
Aggiungere le braciole panate un po’ per volta, friggerle in ogni loro parte, girandole ogni tanto fino a doratura completa.
Prelevarle dalla padella con un mestolo forato e disporli su carta assorbente da cucina per far rilasciare l’olio in eccesso.
Disporle ordinatamente su di un piatto di portata e cospargerle con la salsa preparata.
Servire in tavola direttamente su piatto di portata.
Nota
Le Braciole di Agnello alla Maremmana si possono servire con un contorno di con patate lesse condite con olio, pepe, sale e poco aceto.
Le Braciole di Agnello alla Maremmana sono un secondo piatto della tradizione culinaria Toscana.
L’agnello è l’esemplare della pecora con meno di un anno d’età. Nasce dopo un periodo di gestazione di circa cinque mesi, e dopo un parto che dura da una a tre ore. Di solito la pecora dà alla luce uno o due cuccioli per figliata. Nella storia dell’uomo, l’agnello ha assunto forti connotati simbolici e ha sempre rappresentato timidezza e mitezza. Nella religione cristiana viene spesso associato all’Agnus Dei (“Agnello di Dio”) e all’agnello Pasquale. Si tratta di un animale addomesticato in epoca antichissima, diffuso attualmente in ogni continente. Vive principalmente in greggi, per gestire i quali l’uomo si affida spesso a cani pastore.
Il nome pecora (in latino pecus “bestiame di piccolo taglio” passato poi a identificare un singolo animale) è riservato all’adulto femmina, il maschio della specie è chiamato montone (o anche ariete), mentre il piccolo è denominato agnello fino a un anno di età. Gli agnelli vengono allevati principalmente per la carne, solo una parte viene infatti allevata per essere destinata alla riproduzione. È tradizione diffusa in molte zone d’Italia mangiare carne d’agnello nel giorno di Pasqua, l’agnello è del resto l ‘animale sacrificale per eccellenza nelle culture che si affacciano sul Mediterraneo. La carne di pecora ha un sapore caratteristico, e dall’odore particolare, soprattutto se l’agnello è molto giovane e di media costituzione. Una delle regioni dove è più utilizzata la carne di questa specie è l’Abruzzo, dove possiamo trovare la tradizionale pecora alla callara (o alla cottora) e i celeberrimi arrosticini anche se in realtà per preparare questi ultimi tradizionalmente veniva usato il cosiddetto “castrato”, ovvero il maschio che ha subito la castrazione. L’usanza di cucinare la carne di pecora è anche diffusa in un paese alle porte di Firenze, Campi Bisenzio qui viene preparata nella maggior parte dei casi in umido. In molte zone dell’Italia centrale l’agnello da latte, cioè con poco più di un mese di vita, da molti preferito per la carne tenera, è chiamato abbacchio.