Braciole di Agnello con Carciofi
Le Braciole di Agnello con Carciofi sono un secondo piatto ottimo da gustare a pranzo od a cena con familiari ed amici.
Per le Braciole di Agnello con Carciofi
disporre tutti gli ingredienti dosati sul piano di lavoro.
Spremere un limone nello spremiagrumi e tenere il succo da parte.
Pelare, l’aglio e tenere da parte.
Sul piano di lavoro, con un coltello ben affilato,
tagliare a dadini il prosciutto crudo e tenere da parte.
Lavare le braciole, asciugarle con carta assorbente da cucina,
batterle leggermente con il pesta-carne per rompere le fibre,
salarle, peparle da ambo le parti e tenere da parte.
Pulire, togliere le foglie più dure, dividere i carciofi in spicchi sottili,
tuffarli in acqua acidulata con il succo di limone fino all’utilizzo.
In una padella antiaderente capiente mettere a scaldare 25gr di burro.
Aggiungere gli spicchi di carciofo, pepe,
sale e cuocere a fiamma moderata per 20 minuti,
mescolare di tanto in tanto.
In una padella antiaderente mettere a sfrigolare il burro con l’olio evo.
Aggiungere il prosciutto a dadini, l’aglio,
schiacciarlo e far imbiondire.
Mettere le braciole
e farle rosolare da ambo le parti.
Unire il vino bianco e cuocere per 20 minuti a fiamma bassa,
rigirare a metà cottura le braciole.
Disporre le braciole su di un piatto di portata,
contornarle con gli spicchi di carciofo
e cospargere la preparazione con il fondo di cottura
e il prosciutto a dadini.
Servire in tavola
direttamente su piatto di portata.
Nota
Le Braciole di Agnello con Carciofi si possono servire senza contorno.
L’agnello è l’esemplare della pecora con meno di un anno d’età. Nasce dopo un periodo di gestazione di circa cinque mesi, e dopo un parto che dura da una a tre ore. Di solito la pecora dà alla luce uno o due cuccioli per figliata. Nella storia dell’uomo, l’agnello ha assunto forti connotati simbolici e ha sempre rappresentato timidezza e mitezza. Nella religione cristiana viene spesso associato all’Agnus Dei (“Agnello di Dio”) e all’agnello Pasquale. Si tratta di un animale addomesticato in epoca antichissima, diffuso attualmente in ogni continente. Vive principalmente in greggi, per gestire i quali l’uomo si affida spesso a cani pastore.
Il nome pecora (in latino pecus “bestiame di piccolo taglio” passato poi a identificare un singolo animale) è riservato all’adulto femmina, il maschio della specie è chiamato montone (o anche ariete), mentre il piccolo è denominato agnello fino a un anno di età. Gli agnelli vengono allevati principalmente per la carne, solo una parte viene infatti allevata per essere destinata alla riproduzione. È tradizione diffusa in molte zone d’Italia mangiare carne d’agnello nel giorno di Pasqua, l’agnello è del resto l ‘animale sacrificale per eccellenza nelle culture che si affacciano sul Mediterraneo. La carne di pecora ha un sapore caratteristico, e dall’odore particolare, soprattutto se l’agnello è molto giovane e di media costituzione. Una delle regioni dove è più utilizzata la carne di questa specie è l’Abruzzo, dove possiamo trovare la tradizionale pecora alla callara (o alla cottora) e i celeberrimi arrosticini anche se in realtà per preparare questi ultimi tradizionalmente veniva usato il cosiddetto “castrato”, ovvero il maschio che ha subito la castrazione. L’usanza di cucinare la carne di pecora è anche diffusa in un paese alle porte di Firenze, Campi Bisenzio qui viene preparata nella maggior parte dei casi in umido. In molte zone dell’Italia centrale l’agnello da latte, cioè con poco più di un mese di vita, da molti preferito per la carne tenera, è chiamato abbacchio.