Cinghiale in Agrodolce

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Cinghiale in Agrodolce

Il Cinghiale in Agrodolce è un secondo piatto saporito ed appetitoso, prettamente autunnale ed invernale, ottimo da gustare a pranzo od a cena con familiari ed amici.

Per il Cinghiale in Agrodolce
disporre tutti gli ingredienti dosati sul piano di lavoro.

In una ciotola con acqua tiepida mettere a rinvenire l’uvetta
e le prugne secche per almeno 30 minuti, strizzarle, tagliarle a pezzetti e tenere da parte.

Sul piano di lavoro, con un coltello ben affilato,
tagliare a dadini il prosciutto crudo ed il lardo e tenere da parte.

Lavare, asciugare con carta assorbente da cucina:

  • le foglie di timo, sbriciolarle e tenere da parte
  • le foglie di alloro, sbriciolarle e tenere da parte
  • affettare finemente le cipolle e tenere da parte
  • le carote affettarle finemente e tenere da parte
  • la gamba di sedano affettarla finemente e tenere da parte.

Pelare l’aglio
e tenere da parte.

Lavare, asciugare con carta assorbente da cucina, il pezzo di carne,
metterlo in una pentola che lo contenga interamente
e tenere da parte.

In una pentola con 0,5 litri di acqua leggermente salata ed un cucchiaino di dado vegetale,
vedi nota, far raggiungere l’ebollizione e tenere da parte

 

Preparare la marinata:

in una pentola mettere le 2 cipolle e la carota affettate finemente, l’aglio,
l’alloro ed il timo sbriciolati, i 2 chiodi di garofano, il vino, l’aceto e far prendere il bollore.

Appena bolle togliere dal fuoco e far raffreddare.

 

Versare la marinata fredda sul pezzo di cinghiale,
far marinare per 48 ore girandolo ogni tanto.

Farlo sgocciolare sulla marinata, legarlo con spago da cucina
come un arrosto e condirlo con sale e pepe.

In una pentola capiente che contenga la carne
mettere a sfrigolare il burro.

Aggiungere il cinghiale legato
e farlo rosolare in ogni sua parte.

Unire le cipolle affettate, la carota affettata, il sedato tritato,
il rimanente alloro e timo sbriciolati, i 2 chiodi di garofano,
il prosciutto ed il lardo a dadini, e far imbiondire per 10 minuti
a fiamma moderata e mescolare.

Versare il vino e far evaporare.

Coprire la carne con il brodo vegetale e cuocere per 90 minuti a fiamma bassa,
la carne è cotta quando si farà penetrare agevolmente con uno spillone.

Sgocciolare il pezzo di cinghiale cotto sopra la pentola,
slegarlo e depositarlo su di una terrina che lo contenga.

Passare al colino fine il sugo di cottura
e versarne sopra la metà sulla carne
e tenere il tutto da parte al caldo.

In una piccola pentola mettere lo zucchero,
l’aglio schiacciato in pentola con i rebbi di una forchetta,
il restante alloro sbriciolato, 1 cucchiaio di acqua
e far cuocere a fiamma bassa, mescolando con un cucchiaio
al silicone per far caramellare.

Togliere l’aglio, aggiungere il cioccolato, farlo sciogliere,
versare l’aceto e far evaporare della metà.

Unire il rimanente sugo di cottura del cinghiale
e cuocere per 8 minuti per addensare la salsa.

Aggiungere alla salsa le prugne a pezzetti, l’uvetta, i pinoli,
il cedro candito a pezzetti e far scaldare per 3 minuti a fiamma bassa, mescolare.

Depositare la carne su di un piatto di portata,
tagliarla a fette e disporle ordinatamente sul piatto,

Cospargere le fettine di carne
con il sughetto caldo preparato.

Servire in tavola su piatto di portata
o servire ad ogni commensale su piatto individuale.

 

 

 

Nota
DADO VEGETALE
Ingredienti:
250gr sale grosso – 300gr carote – 200gr sedano
– 2 cipolle grandi (o 1 cipolla+ ½ porro) – 2 spicchi d’aglio
– 10 foglie di salvia – 1 rametto rosmarino – 1 mazzetto prezzemolo
– 4 vasetti Bormioli da 250gr

 

Ricoprire col sale grosso il fondo di una pentola in acciaio a fondo spesso e disporre sopra le verdure mondate, lavate e tagliate a pezzi non troppo piccoli e gli aromi. Mettere il coperchio e cuocere a fiamma bassa per 1 ora.

Cotte le verdure, frullarle, con minipimer ad immersione, con tutto il liquido che avranno rilasciato ed il sale non ancora sciolto.

A questo punto si possono intraprendere 2 vie:

una prevede la trasformazione del composto in “dado granulare” l’altra detta ”fase umida” prevede  che dopo aver frullato tutto si invasi, si chiudano ermeticamente i vasetti e si capovolgano per  fare il sottovuoto.

I vasetti si possono mettere in frigorifero o in luogo fresco ed asciutto, durano più di un anno. Le dosi di riferimento sono: 1 cucchiaino equivale ad 1 dado industriale. Con il dado preparato può essere utilizzato per tutte le preparazioni in cui è richiesto l’uso di dado o brodo vegetale.

Il Cinghiale in Agrodolce lo si può accompagnare con polenta, con purè o con verdure cotte a piacere.

Il Cinghiale in Agrodolce è un piatto tipico della tradizione culinaria del Nord Italia.

Il cinghiale (Sus scrofa) è un mammifero artiodattilo della famiglia dei Suidi.

Originario dell’Eurasia e del Nord Africa, nel corso dei millenni il cinghiale è stato a più riprese decimato e reintrodotto in ampie porzioni del proprio areale e anche in nuovi ambienti, dove si è peraltro radicato talmente bene, grazie alle sue straordinarie doti di resistenza e adattabilità, che viene considerato una delle specie di mammiferi a più ampia diffusione.

Da sempre considerato al contempo una preda ambita per la sua carne e un fiero avversario per la sua tenacia in combattimento, solo nel corso del XX secolo ha cessato di essere una fonte di cibo di primaria importanza per l’uomo, soppiantato in questo dal suo discendente domestico, il maiale.

Gli esemplari adulti misurano fino a 180 cm di lunghezza, per un’altezza al garrese che può sfiorare il metro e un peso massimo di un quintale circa

Si tratta di animali dalla dieta onnivora e molto varia, come dimostra la dentizione mista e lo stomaco scarsamente specializzato, con solo due compartimenti, a differenza dei tre dei pecari e dei quattro dei ruminanti.

Pur nutrendosi principalmente di materiale vegetale, come ghiande (nei periodi in cui queste sono particolarmente abbondanti il cinghiale non mangia praticamente altro), frutti, bacche, tuberi, radici e funghi, il cinghiale non disdegna di integrare di tanto in tanto la propria dieta con materiale di origine animale, come insetti e altri invertebrati, uova e talvolta anche carne e pesce, provenienti questi principalmente da carcasse dissotterrate o trovate nei pressi dell’acqua.

A seconda del clima e della disponibilità di cibo, la femmina può andare in estro da una a tre volte l’anno, con estro di tre giorni su cicli di tre settimane: in Italia le nascite si concentrano in primavera e alla fine dell’estate.

Le femmine tendono a sincronizzare il loro ciclo estrale, in modo tale da allevare cuccioli di età simile, massimizzando le probabilità di sopravvivenza della prole.

L’utilizzo del cinghiale in cucina ha radici molto antiche: lo possiamo trovare nell’antica cucina romana, molto famoso è ad esempio l’aper conditum o cinghiale candido, ne parla anche Apicio nei suoi libri di ricette.

La carne del cinghiale è assai apprezzata un po’ in tutto il mondo, eccezion fatta per quei Paesi in cui la religione impone il divieto di assaggiarla in quanto appartenente a un suino: è il caso dei Paesi Arabi o di Israele.

In Italia, la carne di cinghiale proviene perlopiù da esemplari di allevamento o da esemplari selvatici uccisi all’estero, in Ungheria, Balcani ed Europa centrale, ad eccezione della Sardegna, dove viene cacciato nell’entroterra e consumato dalla popolazione isolana.

Prima del consumo, le carni di cinghiale andrebbero per legge sottoposte ad esame trichinoscopico dall’ASL, e solo dopo un responso negativo dell’esame potrebbero essere destinate alla vendita e al consumo.

La carne di cinghiale è rinomata e apprezzata, in quanto unisce al sapore della carne suina quello della cacciagione.

Essendo piuttosto fibrosa, essa si presta particolarmente a cotture in padella, come stufati, cotture in umido o sughi (ad esempio le pappardelle al sugo di cinghiale o il cinghiale alla maremmana): non sfigura tuttavia nemmeno in arrosti o carni allo spiedo, purché venga sottoposta a lardellatura per renderla meno asciutta: spesso i piccoli, ritenuti particolarmente gustosi dagli intenditori, vengono arrostiti interi, previa eviscerazione.

Per la loro polposità vengono prediletti i tagli della coscia di cinghiale, ma in alcune zone anche la carne della testa è considerata una prelibatezza.

Trattandosi di selvaggina, risulta conveniente sottoporre la carne a marinatura prima di passare alla cottura, per evitare spiacevoli note di selvatico nella carne quando la si va ad assaggiare (in acqua, aceto, vino o latte). La frollatura non è invece solitamente praticata sulla carne di cinghiale, anche perché essa tende ad andare a male assai più velocemente di altri tipi di carne. Proprio il suddetto motivo, con la conseguente esigenza di poter conservare la carne in eccesso il più a lungo possibile quando la surgelazione ancora non esisteva, ha fatto sì che, in particolare in Italia centrale, divenisse popolare l’insaccatura della carne di questo animale, dando origine ai famosi e pregiati prosciutti e salami di cinghiale.

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