Codini di Maiale alla Emiliana

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Codini di Maiale alla Emiliana

I Codini di Maiale alla Emiliana è un secondo piatto particolare, ottimo da gustare a pranzi o cene in famiglia o con amici.

Per i Codini di Maiale alla Emiliana
disporre tutti gli ingredienti dosati sul piano di lavoro.

In una ciotola con acqua tiepida mettere le reticelle di maiale ad ammorbidire per 30 minuti,
strizzarle e tenere da parte.

In una ciotola mettere il filetto di maiale tritato, il lardo tritato, il fegato d’oca,
il brandy, il marsala, il chiodo di garofano in polvere, il pepe in polvere,
la noce moscata in polvere, il ginepro in polvere,
mescolare bene il tutto e far riposare per 60 minuti.

In un piatto fondo mettere il pangrattato e tenere da parte.

Passare i grossi codini di maiale sopra la fiamma del gas
per togliere la peluria.

Raschiarli con un coltello ben affilato.

Lavarli sotto acqua corrente ed asciugarli con carta assorbente da cucina.

Con un coltello ben affilato aprirli nel senso della lunghezza,
disossarli delicatamente in modo da non rompere la pelle del codino.

Distribuire il ripieno preparato nei codini, richiuderli,
passarli nel pangrattato ed inserire su ciascun codino la reticella di maiale
dando la forma di un salamino.

In una padella antiaderente mettere a sfrigolare il burro.

Aggiungere i codini ripieni
e far rosolare in ogni loro parte a fiamma vivace.

Abbassare la fiamma e terminare la cottura per 40 minuti,
rigirarli di tanto in tanto.

Depositare i codini ripieni ordinatamente
su di un piatto di portata.

 

Servire in tavola la coda
direttamente su piatto di portata.

 

 

 

Nota
I Codini di Maiale alla Emiliana si possono cuocere anche alla griglia o sul barbecue.

I Codini di Maiale alla Emiliana è un secondo piatto della tradizione culinaria Emiliana

Il lardo è il prodotto della salagione, aromatizzazione e salatura dello strato di grasso che si trova appena sotto la cute del maiale. Questo taglio grasso del maiale si preleva dal collo, dal dorso e dalla parte alta dei fianchi dell’animale.

Il nome lardo sarebbe da attribuire propriamente al prodotto stagionato, mentre il taglio di carne grassa da cui il lardo si produce, ordinariamente sarebbe corretto chiamarlo “grasso fresco”, per distinguerlo dal prodotto stagionato. Tale distinzione linguistica non sempre è osservata nel linguaggio corrente.

La parola lardo deriva dal latino lār(i)dum, privo di connessioni indoeuropee chiare; in greco antico: λαρινός, lārīnós («ingrassato») ma non è sicuro se sia collegato alla parola latina; lardum è passato, attraverso il francese antico lard, all’inglese, oltre che al greco antico λάρδος, lárdos e al greco moderno λαρδί, lardí

l più conosciuto è probabilmente il lardo di Colonnata che, per il suo gusto unico e la sua delicatezza, ha reso famosa la località toscana da cui prende nome, sulle Alpi Apuane.

La qualità del lardo dipende della scelta delle materie prime, dalla qualità del “grasso fresco” che deve essere di suino pesante, agli aromi con i quali viene strofinato e dalla sapiente arte della stagionatura che ancora oggi viene fatta nelle vasche di marmo (conche) in cui il prodotto rimane per circa 6 mesi.

Un altro tipo è il il lardo Arnad che, a differenza del precedente, viene stagionato in vasche di legno e insaporito con aromi come ginepro, alloro,noce moscata, salvia e rosmarino. Il Lardo di Arnad è una Denominazione di Origine Protetta.

Il lardo è stato riconosciuto dal Ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali come prodotto tradizionale su proposta della Basilicata e del Piemonte.

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