Favata Sarda in Terracotta
La Favata Sarda in Terracotta è una ricetta originaria del sassarese, chiamata anche “faada e fae”, “zappatorino” e “lardu”, è un piatto povero molto saporito della tradizione culinaria sarda.
Per la Favata Sarda in Terracotta
disporre tutti gli ingredienti dosati sul piano di lavoro.
Lavare, asciugare con carta assorbente da cucina:
- il cavolo cappuccio, tagliarlo a fettine sottili e tenere da parte
- il finocchietto selvatico, eliminare gli steli duri, tritarlo grossolanamente e tenere da parte
- l’aglio e tenere da parte
- Tritare i pomodori secchi e tenere da parte
- tritare la cipolla e tenere da parte.
Mettere, in una pentola di terracotta,
con lo spargifiamma sotto,
a scaldare l’olio evo a fiamma moderata.
Aggiungere gli spicchi d’aglio tritati,
i pomodori secchi tritati, la cipolla tritata,
la salsiccia sbriciolata e le fave ancora congelate.
Far insaporire per 1 minuto e mescolare.
Aggiungere 1 litro di brodo vegetale (Vedi Nota)
e cuocere con il suo coperchio di terracotta
per 30 minuti a fiamma bassa.
Aggiungere il finocchietto selvatico tritato.
Lasciar cuocere 6 minuti,
aggiustare di sale, di pepe,
mescolare bene e spegnere il fuoco.
Tostare il pane raffermo nel forno caldo a 180°C
e distribuirlo sul fondo delle e scodelle individuali.
Versare sopra la favata bollente,
spolverare con abbondante pecorino grattugiato
e servire subito in tavola.
Vino consigliato:
Nardò sardo rosato.
Nota
La Favata Sarda in Terracotta è una ricetta originaria del sassarese, chiamata anche “faada e fae”, “zappatorino” e “lardu”, è un piatto povero molto saporito della tradizione culinaria sarda, fatto con fave, cavolo, finocchio selvatico, spezie e parti di scarto del maiale e accompagnato solitamente dal pane carasau, o “carta musica”.
La preparazione, molto antica e consumata in Sardegna principalmente a Carnevale, è piuttosto laboriosa e di non facilissima digestione. Conosciuta già dai tempi di Apicio della Conciclam Apicianam, una specie di favata “alla maniera di Apicio”.
Usando i legumi secchi, fave essiccate, invece di quelle surgelate, metterle a bagno per 12 ore prima di cucinarle.
Il finocchio selvatico, molto usato nella cucina sarda, è un ingrediente fondamentale per la buona riuscita del piatto. In mancanza di questo ingrediente si può usare la barba verde dei finocchi normali.
La favata sarda acquista in gusto se viene consumata il giorno seguente alla preparazione, scaldarla e servirla in tavola molto calda.
DADO VEGETALE
Ingredienti: 250gr sale grosso – 300gr carote – 200gr sedano – 2 cipolle grandi (o 1 cipolla+ ½ porro) – 2 spicchi d’aglio – 10 foglie di salvia – 1 rametto rosmarino – 1 mazzetto prezzemolo – 4 vasetti Bormioli da 250gr –
Ricoprire col sale grosso il fondo di una pentola in acciaio a fondo spesso e disporre sopra le verdure mondate, lavate e tagliate a pezzi non troppo piccoli e gli aromi. Mettere il coperchio e cuocere a fiamma bassa per 1 ora.
Cotte le verdure, frullarle, con minipimer ad immersione, con tutto il liquido che avranno rilasciato ed il sale non ancora sciolto.
A questo punto si possono intraprendere 2 vie:
una prevede la trasformazione del composto in “dado granulare” l’altra detta ”fase umida” prevede che dopo aver frullato tutto si invasi, si chiudano ermeticamente i vasetti e si capovolgano per fare il sottovuoto.
I vasetti si possono mettere in frigorifero o in luogo fresco ed asciutto, durano
più di un anno. Le dosi di riferimento sono: 1 cucchiaino equivale ad 1 dado industriale. Con il dado preparato può essere utilizzato per tutte le preparazioni in cui è richiesto l’uso di dado o brodo vegetale.
Il cavolo (Brassica oleracea L., 1753) è una pianta appartenente alla famiglia delle Brassicacee.
Brassica oleracea è una pianta biennale che forma in genere una rosetta di foglie durante il primo anno di vita. Il secondo anno si forma una infiorescenza più o meno alta che porta numerosi fiori gialli a quattro petali. Oltre che per l’alimentazione umana i cavoli delle diverse cultivar vengono utilizzati come foraggio o pianta ornamentale. Le diverse varietà di cavoli hanno numerosi impieghi in cucina. Sono molto usati nella cucina italiana, e anche in quella europea e asiatica, sia crudi sia cotti. Per Quando vengono cotti, tutti i cavoli emanano un cattivo odore perché sono ricchi di composti di zolfo, che vengono liberati dalla cottura.
I solfuri, in gran parte isotiocianato di metile, svaniscono al 90% dopo 8 minuti di cottura, e l’estrazione è totale dopo 16 minuti.
Tuttavia, tutti i cavoli contengono anche sostanze nutrizionali molto utili, per le quali è stato ipotizzato anche una funzione di prevenzione del cancro. Poiché tali sostanze si disperdono con la cottura, alcuni ricercatori suggeriscono di cuocerli nella pentola a pressione, in modo da ridurre sia il tempo di cottura sia la perdita di tali sostanze, ottenendo anche una minor diffusione di cattivi odori.
È molto utile, nei casi in cui è possibile (ad esempio in insalata e nei crauti) usare anche i cavoli non cotti, dato che essi contengono in condizione non modificata sostanze utili (anche composti dello zolfo), e vitamine (infatti alcune vitamine, come la vitamina C, si degradano con la cottura).
ciascuna varietà esistono ricette e utilizzi particolari.
Con la scoperta dell’America cominciò l’epoca dei viaggi navali su lunghe distanze, tale fatto pose una drammatica questione: come contrastare lo scorbuto. Con la navigazione costiera, la assenza da terra ricorreva solo per pochi giorni, e il cibo fresco durava abbastanza bene per tale periodo, non si erano mai verificati casi di malattia particolari.
Invece navigando per lunghi periodi senza toccare terra, e senza cibi freschi, si mostrarono subito, nei marinai, gravissimi problemi di tipo organico, nervoso, gastrico, rivelatesi poi come “carenza di vitamina C”, (le scorte di vitamina dell’organismo, se non ri-alimentate si esauriscono piuttosto rapidamente). Si notò che tali sintomi, che portavano alla morte certa, erano scongiurati se nella dieta erano presenti agrumi, ma soprattutto cavoli, (reperibili con facilità anche nei paesi nordici).
Ben presto tutte le navi oceaniche ebbero a bordo una grossa scorta di cavoli freschi, che permetteva, grazie a quella verdura fresca, ricca di vitamina C (la vitamina C si degrada con la cottura), di poter fare viaggi di molte settimane senza toccare terra. Nella soste a terra, in qualsiasi posto del mondo, erano poi ricercati i cavoli, (o piante analoghe della stessa famiglia, o agrumi, secondo la latitudine) per ricostruire le scorte. Grazie ai cavoli e agli agrumi la
colonizzazione giunse rapidamente in ogni angolo del mondo.
Sempre grazie alle scorte di cavoli divennero possibili nel 1700 e 1800 le campagne di pesca di mesi in mare aperto delle navi baleniere, che in poche decine di anni provocarono lo sterminio di cetacei e di foche raggiungendo tutti i distretti degli oceani del pianeta.