Ingredienti
- 100gr Farina 00
- 30gr Farina di mais
- 200cl Latte
- 100gr Zucchero
- 4 Uova
- 1 bicchierino Rum bianco
- 1 bicchierino Marsala
- 60gr Uvetta
- 80gr Marmellatamele
- 1/2 bustina Lievitoper dolci
- 1/2 litro olio arachidi
- 50gr Zucchero a velo
Direzione
Frittelle alla Anconetana
Le Frittelle alla Anconetana sono un dessert da proporre in un pranzo o cena con amici o per merenda per i più piccini, solitamente si preparano per Carnevale.
Per le Frittelle alla Anconetana
disporre tutti gli ingredienti dosati sul piano di lavoro.
Togliere il burro dal frigorifero
e mantenerlo a temperatura ambiente.
In una ciotola con acqua tiepida
mettere a rinvenire l’uvetta per almeno 30 minuti,
strizzarla e tenere da parte.
In una ciotola mettere le uova e sbatterle con lo zucchero.
Aggiungere il rum, il marsala, la farina bianca
e mescolare bene fino ad ottenere un composto piuttosto duro,
se non lo fosse aggiungere ancora un po’ di farina.
Versare la farina gialla, il lievito, l’uvetta strizzata, la marmellata,
il latte e mescolare bene per amalgamare il tutto.
Coprire la ciotola con pellicola trasparente per alimenti,
mettere in forno spento e far lievitare per 1,5 ore.
In una padella antiaderente capiente
mettere a scaldare a fuoco vivace l’olio di arachidi.
Gettare un cucchiaio di impasto a dorare in ogni loro parte 3 per volta.
Con un mestolo forato togliere dalla padella le frittelle
e depositarle su carta assorbente da cucina per far rilasciare l’olio in eccesso.
Depositarle su di un piatto da portata caldo
e cospargerle con lo zucchero a velo.
Servire in tavola su piatto di portata
o ad ogni commensale su piatto individuale.
Note
Le Frittelle alla Anconetana sono una specialità antica della tradizione culinaria Marchigiana, si preparano per il Carnevale.
La farina alimentare (dal latino farīna, derivato da far «farro») è il prodotto della macinazione dei frutti secchi o dei semi di varie piante: si ha farina di grano, di mais, di orzo, di farro, di riso, di avena, di segale, di castagne, di ceci, di mandorle, di grano saraceno. Comunemente però indichiamo col nome di farina, senza specificarne l’origine, quella ottenuta dal grano tenero (Triticum aestivum) e usata per la panificazione, in pasticceria e in cucina. La farina di grano duro, usata per la panificazione e la produzione di pasta alimentare, prende il nome di “semola”.
Una “farina” è un prodotto macinato fine; alla vista non sono distinguibili i singoli frammenti e al tatto risulta come una polvere impalpabile, come il talco o la polvere di cacao.
La farina 00 è quella più raffinata e priva di particelle di crusca e cruschello.
La farina integrale è quella con la più alta percentuale di cruschello e crusca, la legge italiana impone dei limiti che sono 1,3%-1,7% di presenza di ceneri (nella tabella qui sotto il valore delle ceneri corrisponde al valore di sali minerali). Il grano tenero macinato veramente in modo integrale possiede mediamente una percentuale di ceneri (sali minerali) che varia dal 2 al 2,2%, quindi nella farina integrale normalmente commercializzata una parte della crusca è asportata.
La proprietà più importante della farina è il fattore di panificabilità (chiamato spesso “Forza”, cioè la capacità di resistere nell’arco del tempo alla lavorazione. La Forza della farina deriva dalla qualità del grano macinato per produrla, quindi dal suo contenuto proteico, in particolare di quello di unità proteiche insolubili in acqua gliadine e glutenine. Queste proteine semplici poste a contatto con l’acqua e grazie all’azione meccanica dell’impastare, formano un complesso proteico detto glutine, che costituisce la struttura portante dell’impasto. Si tratta di un complesso viscoelastico stabilizzato da legami di natura covalente (ponti di solfuro, etc.) e non (legami idrogeno, ionici, interazioni di tipo idrofobico, forze di Van der Waals, etc.) che trattiene sia i componenti dell’impasto, microrganismi compresi, sia i gas, metaboliti secondari ecc. che si sviluppano all’interno nella struttura.
Le farine in commercio al dettaglio hanno un fattore di panificabilità variabile. Solitamente quella delle farine 0 e 00 generiche si aggira sul W 150, quella delle 00 specifiche per prodotti non lievitati (creme, torte a lievitazione chimica come il plum-cake, biscotti, crostate) dal W 80 al W 150, quella delle 00 e 0 specifiche per pizza dal W 200 al W 280, quella delle 00 specifiche per dolci lievitati intorno al W 300. Le farine chiamate manitoba portano il nome della provincia del Manitoba (Canada) di cui è originario il grano con cui sono prodotte; attualmente questa varietà è coltivata in tutto il mondo. La farina manitoba presenta un alto contenuto proteico e conseguentemente una maggiore capacità di assorbimento dei liquidi, maggiore elasticità e resistenza, comunque queste proprietà non implicano un maggior valore del fattore di panificabilità (forza) per cui non è detto che le farine manitoba siano più forti di altre varietà.
Le confezioni per uso domestico oramai indicano spesso sia il valore W della farina sia la composizione del prodotto. Se non è presente il valore di W, una qualche indicazione è data dal contenuto proteico. Quest’ultimo è sempre dichiarato ed è espresso in grammi e in percentuale nella tabella dei valori nutrizionali. Una farina 00 standard ne contiene ca. 9,5 g, una manitoba ca. 12,5. Più è alto il contenuto proteico, più la farina è da ritenersi forte e più lungo è il tempo minimo richiesto per la lievitazione.