Paccheri in Terracotta
I Paccheri in Terracotta sono un primo piatto tipico della tradizione culinaria napoletana, molto gustoso e saporito ideale per pranzi e cene a base di pesce.
Per i Paccheri in Terracotta
disporre tutti gli ingredienti dosati sul piano di lavoro.
Lavare, asciugare con carta assorbente da cucina:
- le foglie di prezzemolo, tritarle e tenere da parte
- il coccio o gallinella, togliere le lische, la testa, la pelle,
le interiora, tagliare la polpa a dadini e tenere da parte - i pomodorini datterini, tagliarli a filetti e tenere da parte
- il peperoncino, tritarlo finemente e tenere da parte.
Pelare l’aglio e tenere da parte.
Mettere, in una pentola di terracotta,
con lo spargifiamma sotto,
a scaldare l’olio evo a fiamma moderata.
Aggiungere l’aglio, un po’ di peperoncino e far rosolare.
Togliere l’aglio, mettere la polpa a dadini della gallinella o del coccio,
cuocere per 3 minuti e mescolare bene.
Versare il vino bianco e lasciar sfumare per 5 minuti.
Abbassare la fiamma, aggiungere i datterini a filetti,
coprire la pentola con il suo coperchio e cuocere per 10 minuti
In una pentola piena di acqua bollente salata,
mettere a cuocere i paccheri,
per metà del tempo di cottura indicato sulla confezione dal produttore.
Scolare i paccheri,
metterli nella pentola di terracotta
e terminare la cottura mescolare bene.
Servire in tavola nella pentola di terracotta
con una spolverata di prezzemolo tritato.
Nota
Per ottenere un sugo più denso e profumato, si può preparare un fondo di pesce utilizzando gli scarti della gallinella o del coccio.
In una padella antiaderente mettere a cuocere la testa e le lische della gallinella o del coccio con 2 cucchiai di olio evo,
Aggiungere un bicchiere di vino bianco e far sfumare un po’.
Filtrare il liquido con un colino fine.
Aggiungerlo al sugo in cottura nella pentola di terracotta.
Il coccio, detto gallinella di mare, è un pesce molto saporito ed adatto per questa ricetta.
Il Capsicum noto come peperoncino appartiene alla famiglia delle Solanaceae originario delle Americhe ma attualmente coltivato in tutto il mondo. Oltre al noto peperone il genere comprende varie specie di peperoncini piccanti, ornamentali e dolci.
Secondo alcuni, il nome latino “Capsicum” deriva da “capsa”, che significa scatola, e deve il nome alla particolare forma del frutto, una bacca, che ricorda proprio una scatola con dentro i semi.
Il peperoncino piccante era usato come alimento fin da tempi antichissimi. Dalla testimonianza di reperti archeologici sappiamo che già nel 5500 a.C. era conosciuto in Messico come pianta coltivata, ed era la sola spezia usata dagli indiani del Perù e del Messico. In Europa il peperoncino giunse grazie a Cristoforo Colombo che lo portò dalle Americhe col suo secondo viaggio, nel 1493. Poiché Colombo sbarcò in un’isola caraibica, molto probabilmente la specie da lui incontrata fu il Capsicum Chinense, il più diffuso in quelle isole.
Il frutto viene consumato fresco, essiccato, affumicato, cotto o crudo. Oltre alla sua capacità di bruciare il palato, si utilizza anche per aromatizzare, nonché per fare salse piccanti. Nelle specie piccanti, la capsaicina si concentra nella parte superiore della capsula, dove ci sono ghiandole che la producono, diffondendosi poi lungo la capsula. Al contrario di quanto si crede comunemente, non sono i semi, ma la membrana interna, la placenta, che contiene la maggior parte di capsaicina: quindi è quasi inutile togliere i semi per ridurre la piccantezza del frutto, mentre è consigliabile togliere la placenta.
In Italia il peperoncino è ampiamente usato e alcune regioni ne hanno fatto, soprattutto ispirandosi a piatti spagnoli e aragonesi, la base dei propri piatti regionali, come la Calabria, con la sardella e la famosa nduja, la Basilicata con i peperoni cruschi (“croccanti” in dialetto) per preparare piatti come Acquasale e Baccalà alla Lucana, la Campania con il baccalà alla gualalegna (gualano=bracciante) dove si abbina il crusco con il piccante, al peperone di Senise(in dialetto locale Zafaran), che ha ottenuto il marchio IGP dall’Unione Europea) e in generale tutto il Sud peninsulare. All’estero il peperoncino è usato molto in Messico (nelle salse, nel chili con carne), in Nordafrica (dove è alla base della Harissa ), in India, in Thailandia e nelle due Coree. Le cucine indiana, indonesiana, cinese sono associate all’uso del peperoncino, sebbene la pianta sia arrivata in Asia solo dopo l’arrivo degli europei
Il peperoncino è un condimento molto popolare. Quattro composti del peperoncino, tra cui i flavonoidi e i capsaicinoidi, hanno un effetto antibatterico, cosicché cibi cotti col peperoncino possono essere conservati relativamente a lungo. Questo spiega anche perché più ci si sposta in regioni dal clima caldo, maggiore sia l’uso di peperoncino ed altre spezie.
La capsaicina provoca dolore e infiammazioni se consumata in eccesso. Rappresenta anche l’ingrediente principale nello spray al pepe, usato come “arma non letale”.