Panino con la Meusa

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Panino con la Meusa

Il Panino con la Meusa è un cibo da strada (street food) esclusivo della cucina tradizionale palermitana.

Per il Panino con la Meusa
disporre tutti gli ingredienti dosati sul piano di lavoro.

Spremere un limone nello spremiagrumi
e tenere il succo da parte.

Grattugiate il caciocavallo
con la grattugia a fori grossi e tenere da parte.

 

Le rigaglie o frattaglie

costituiscono l’ingrediente principale
di ricette e preparazioni culinarie,
tipiche di varie regioni italiane.

L’inconveniente
è quello riguardante il loro igiene.

Per questa ragione, prima di essere utilizzate in cucina,
richiedono un’accurata pulizia.

Anche le frattaglie che acquistiamo pulite in macelleria o al supermercato,
debbono essere risciacquate e pulite prima della cottura.

 

Un procedimento di pulizia si divide in 2 fasi:

  1. Far bollire le interiora per 5 minuti prima di pulirle:
    questo passo non incide sul loro sapore
    ed uccide i batteri, evitandone la diffusione.
  2. Lavare sempre bene le mani dopo aver toccato le interiora.

Se durante l’ebollizione in superficie
dovesse formarsi una patina oleosa e spumosa,
occorre prelevarla con una schiumarola ed eliminarla.

Un accorgimento per attenuare il sapore forte delle frattaglie
consiste nell’aggiungere 2 cucchiai di aceto bianco
o succo di limone all’acqua in ebollizione.

 

Per lavare le interiora utilizzare 2 lavabi:
in uno si tolgono le pellicine e si lavano le interiora sotto acqua fredda corrente,
nell’altro pieno di acqua pulita si depositano le frattaglie pulite.

Ripetere il lavaggio almeno 3 volte
o finché l’acqua risulterà chiara.

 

 

Cottura:

In una pentola con 2 litri di acqua bollente leggermente salata,
mettere la milza ed il polmone, lessare per circa 4 minuti.

Sgocciolare, lasciar raffreddare
e tagliarli a listarelle sottili.

In una padella antiaderente mettere a scaldare lo strutto.

Aggiungere la carne e friggerla
fino a farla diventare un po’ croccante.

Prelevarle le listarelle di carne dalla padella con un mestolo forato
e disporle su carta assorbente da cucina per far rilasciare l’unto in eccesso.

Salare e pepare.

 

Tagliare i panini a metà,
togliere la mollica
e farcire con la carne.

 

Condire con succo di limone,
spolverizzare con il caciocavallo.

 

 

 

 

 

Se si volessero fare i panini in casa:  Vasedde, Schettu o pani ca meusa maritatu

 

Vastedde

Impastare per un paio di minuti 500gr di pasta pane e formare delle piccole pagnotte,
chiamate in dialetto palermitano “vastedde”.
Mettere i semi di sesamo in un piatto piano.

Spennellare la sommità dei panini con un po’ d’acqua
e pressarla sui semi di sesamo, in modo che questi ultimi rimangano attaccati alla superficie della pasta lievitata.

Adagiare i pani sulla piastra del forno,
avendo cura di posizionare verso l’alto la parte con il sesamo.

Lasciarli cuocere nel forno preriscaldato a 200°C fino a quando saranno dorati.
Tenerli, poi, in caldo.

Per il panino (in palermitano “vastedda”):
500 g di pasta di pane già lievitata, 25 g di semi di sesamo.

 

Schettu

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Per il panino detto “schettu” (celibe, cioè con un solo ingrediente):
500 g di milza da sola o assieme a polmone di vitello.

 

 

Pani ca meusa maritatu (sposato, cioè con più ingredienti):

400 g di milza (con o senza polmone),
caciocavallo stagionato ragusano a scaglie q.b. o ricotta freschissima di pecora q.b.

Se, invece, si preferisce un pane più saporito,
ricoprire le frattaglie con scaglie di caciocavallo o con ricotta di pecora.

In tal caso si gusta un “pani ca meusa maritatu”.

Se, poi, proprio si vuole eccedere,
mangiare il pane con milza, c
aciocavallo e ricotta freschissima.

Questa ricetta è della tradizione esclusiva di Palermo.

 

Il Pani ca Meusa (pane con la milza)
è un cibo da strada (street food) della cucina tradizionale palermitana.

“U pani cà meusa”, assieme a “Pane e panelle” è il piatto da strada più venduto a Palermo.
Negli angoli delle strade più frequentate e soprattutto all’interno della Vucceria (il mercato storico più noto di Palermo) o di altri mercati (Ballarò, etc) il “meusaru” appronta ogni mattina il suo “laboratorio artigianale”, composto da una pentola inclinata di alluminio, all’interno del quale vi è lo strutto ben caldo, uno o più vassoi contenenti la milza (meusa) e il polmone già lessati e tagliati a fettine, il forchettone dalla forme caratteristica a due denti (con cui estrarre le frattaglie dallo strutto) e le vastelle (“vasteddi”) tenute in caldo in un cesto ricoperto con un telo.
Appena arriva un cliente chiede: “ a vastedda a vuoli schetta o maritata?
Si regola, poi, a seconda della risposta ottenuta.
Avvolge, poi, il “panino ca meusa” (panino con la milza) nell’apposita carta e lo porge all’avventore che lo addenta subito con goduria.

A Palermo convissero fino al XV secolo numerose etnie, composte soprattutto da cristiani e musulmani.
Anche la comunità ebraica, stanziatasi in Sicilia già al tempo dei Romani, era presente a Palermo in numero consistente, stante alle informazioni trasmessaci dal geografo e viaggiatore ebreo Beniamino da Tudela, che nel suo libro “Viaggi di Beniamino da Tudela” (1543), quantifica attorno a ottomila il numero di ebrei che risiedevano nel 1172 a Palermo.
Come le altre etnie, che vivevano ciascuna in un rione diverso, anche gli Ebrei risiedevano in un proprio quartiere, denominato Ghetto, dal quale si spostavano per dedicarsi ai loro traffici.
Molti di loro, i più ricchi, esercitavano la loro professione nell’ambito dell’industria della seta, del corallo, della pesca, altri erano banchieri o speziali, altri ancora si dedicavano a lavori umili e poco redditizi.
Tra questi, gli ebrei che erano specializzati nella macellazione di animali avevano trovato lavoro nel mattatoio della città, che allora era ubicato (e vi rimase fino al 1837) all’interno di un quartiere popolare, detto di Seralcadio, che oggi prende il nome di Capo.
I macellai ebrei, non potendo percepire denaro per la loro attività, in quanto sarebbe stato contrario alle norme religiose ebraiche, ricevevano a titolo di regalia tutte le interiora degli animali uccisi, tranne il fegato, richiesto e ben pagato dai benestanti cristiani.

Per ricavare del denaro dalle frattaglie ricevute come compenso per il loro lavoro, gli Ebrei pensarono di pulire le interiora, lessarle e venderle per strada ai cristiani, che, imitando l’abitudine dei musulmani di mangiare il cibo con le mani, iniziarono a mangiare le frattaglie sminuzzate per la strada, racchiudendole all’interno di un panino da sole o integrandoli con formaggio o ricotta.
Era nato così uno dei più famosi cibi da strada palermitani: quello che oggi è conosciuto con il nome di “pane cà meusa”.
L’uso di consumare le frattaglie per strada sopravvisse agli Ebrei siciliani.
Essi nel 1492, in base ad un Editto del 18 giugno di quell’anno, vennero cacciati dalla Sicilia e da tutti i territori sottoposti al dominio della corona di Spagna per volontà
di Ferdinando II d’Aragona, detto il “Cattolico”, re di Sicilia.
Dopo l’allontanamento forzato degli ebrei, i “caciuttari, continuarono a vendere per la strada panini bagnati nel “saimi” e ripieno di formaggio o ricotta.
Molti di loro continuarono l’attività degli ebrei, inserendo all’interno del panino fettine di meusa: erano nati i “meusari”, che da allora in poi, con un procedimento divenuto nel tempo “rituale”, hanno deliziato il palato degli avventori palermitani e non solo.

I migliori panifici della Sicilia secondo il Gambero Rosso:

Gli esperti del Gambero Rosso, che anche quest’anno hanno girato tutto il Paese alla ricerca delle eccellenze. Il risultato è la guida Pane e Panettieri d’Italia 2019, che celebra i migliori panificatori italiani.

La Sicilia ha una straordinaria tradizione, quando si parla di pane. I panifici della nostra isola sono veri e propri “templi” del buon cibo: un luogo in cui trovare la tradizione, ma anche alcune ricette più innovative. Secondo il Gambero Rosso, i migliori panifici siciliani sono due: non ce ne vogliano gli esperti, ma per noi il pane siciliano è imbattibile e sono più di due i panifici straordinari!

A conquistare i Tre Pani nella celebre guida, un’attività che si trova a Palermo e una che si trova a Ragusa.

Panificio Guccione: si trova a Palermo, in via G. Pipitone Federico, e tra le sue specialità ci sono il Pane Nero di Castelvetrano e la pizza in pala Tabisca. Produce solo pane di grano duro, a lievitazione naturale. Molto richiesti sono il pane di Perciasacchi o Russello al 100% e quello di carruba. Non mancano grissini, sfincioni, pizze rustiche, brioche, biscotti secchi e pasta fresca.

I Banchi: si trova a Ragusa, in via Orfanotrofio, ed è stato creato da Ciccio Sultano, insieme a Peppe Cannistrà. Prima di tutto è un panificio e un forno da pizza, ma è anche salumeria, bottega gastronomica, libreria, sala da tè, ristorante-bistrot, cocktail bar e caffetteria. Qui si trova, naturalmente, il tipico pane ragusano, pesante e compatto. C’è spazio anche per le brioche, i dolci e i biscotti.

 

 

 

Arancini

 

 

Le Panelle Siciliane

 

 

U sfinciuneddu frittu – Sfincione Siciliano

 

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