Ingredienti
- 500gr Carne di Selvagginadi cinghiale, agnello, capriolo, cervo
- 2 Uova
- 50gr Parmigiano Reggiano
- 1/2 litro olio arachidi
- qb Pepe
- qb Sale
Per Pastella
- 5 cucchiai Farina 00
- 2 Uova
- 80cl Latte
- qb Pepe
- qb Sale
Direzione
Polpette di Selvaggina
Le Polpette di Selvaggina sono un piatto versatile si possono servire come antipasto o come secondo piatto gustoso e saporito, ideale per un pranzo od una cena in famiglia o con amici o per un buffet.
Per le Polpette di Selvaggina
disporre tutti gli ingredienti dosati sul piano di lavoro.
Sul piano di lavoro tritare finemente la carne con un coltello ben affilato
e mettere in una ciotola.
Aggiungere le uova, il parmigiano, sale,
pepe ed impastare tutto per ottenere un composto omogeneo.
Prendere con 1 cucchiaio un po’ di composto di carne
e con le mani formare delle palline della grandezza di una prugna e tenere da parte.
Preparare la pastella:
In un piatto fondo sbattere le uova con una forchetta.
in una ciotola mettere la farina, le uova sbattute, il latte,
1 pizzico di sale e pepe ed impastare
al fine di ottenere un composto non troppo morbido
ed omogeneo.
Far riposare la pastella per 20 minuti.
In una padella antiaderente mettere a scaldare l’olio di arachidi.
Immergere nell’olio bollente un po’ per volta le polpette di selvaggina.
Friggerle in ogni loro parte, girandole ogni tanto fino a doratura completa.
Prelevarle dalla padella con un mestolo forato
e disporle su carta assorbente da cucina per far rilasciare l’olio in eccesso.
Mettere le polpette di selvaggina
su di un piatto di portata.
Servire in tavola su piatto di portata
spolverizzandole con un po’ di sale.
Nota
Per questo piatto spesse volte si utilizzano gli avanzi di carne di selvaggina arrostiti o lessati, ma si possono anche utilizzare avanzi di carne di cinghiale, agnello, capriolo, cervo o qualsiasi tipo di carne arrostita o lessata.
Le Polpette di Selvaggina, se servite come secondo piatto, si accompagnano con patatine fritte od al forno o con verdura cruda a piacere.
Il cinghiale (Sus scrofa) è un mammifero artiodattilo della famiglia dei Suidi.
Originario dell’Eurasia e del Nord Africa, nel corso dei millenni il cinghiale è stato a più riprese decimato e reintrodotto in ampie porzioni del proprio areale e anche in nuovi ambienti, dove si è peraltro radicato talmente bene, grazie alle sue straordinarie doti di resistenza e adattabilità, che viene considerato una delle specie di mammiferi a più ampia diffusione.
Da sempre considerato al contempo una preda ambita per la sua carne e un fiero avversario per la sua tenacia in combattimento, solo nel corso del XX secolo ha cessato di essere una fonte di cibo di primaria importanza per l’uomo, soppiantato in questo dal suo discendente domestico, il maiale.
Gli esemplari adulti misurano fino a 180 cm di lunghezza, per un’altezza al garrese che può sfiorare il metro e un peso massimo di un quintale circa
Si tratta di animali dalla dieta onnivora e molto varia, come dimostra la dentizione mista e lo stomaco scarsamente specializzato, con solo due compartimenti, a differenza dei tre dei pecari e dei quattro dei ruminanti.
Pur nutrendosi principalmente di materiale vegetale, come ghiande (nei periodi in cui queste sono particolarmente abbondanti il cinghiale non mangia praticamente altro), frutti, bacche, tuberi, radici e funghi, il cinghiale non disdegna di integrare di tanto in tanto la propria dieta con materiale di origine animale, come insetti e altri invertebrati, uova e talvolta anche carne e pesce, provenienti questi principalmente da carcasse dissotterrate o trovate nei pressi dell’acqua.
A seconda del clima e della disponibilità di cibo, la femmina può andare in estro da una a tre volte l’anno, con estro di tre giorni su cicli di tre settimane: in Italia le nascite si concentrano in primavera e alla fine dell’estate.
Le femmine tendono a sincronizzare il loro ciclo estrale, in modo tale da allevare cuccioli di età simile, massimizzando le probabilità di sopravvivenza della prole.
L’utilizzo del cinghiale in cucina ha radici molto antiche: lo possiamo trovare nell’antica cucina romana, molto famoso è ad esempio l’aper conditum o cinghiale candido, ne parla anche Apicio nei suoi libri di ricette.
La carne del cinghiale è assai apprezzata un po’ in tutto il mondo, eccezion fatta per quei Paesi in cui la religione impone il divieto di assaggiarla in quanto appartenente a un suino: è il caso dei Paesi Arabi o di Israele.
In Italia, la carne di cinghiale proviene perlopiù da esemplari di allevamento o da esemplari selvatici uccisi all’estero, in Ungheria, Balcani ed Europa centrale, ad eccezione della Sardegna, dove viene cacciato nell’entroterra e consumato dalla popolazione isolana.
Prima del consumo, le carni di cinghiale andrebbero per legge sottoposte ad esame trichinoscopico dall’ASL, e solo dopo un responso negativo dell’esame potrebbero essere destinate alla vendita e al consumo.
La carne di cinghiale è rinomata e apprezzata, in quanto unisce al sapore della carne suina quello della cacciagione.
Essendo piuttosto fibrosa, essa si presta particolarmente a cotture in padella, come stufati, cotture in umido o sughi (ad esempio le pappardelle al sugo di cinghiale o il cinghiale alla maremmana): non sfigura tuttavia nemmeno in arrosti o carni allo spiedo, purché venga sottoposta a lardellatura per renderla meno asciutta: spesso i piccoli, ritenuti particolarmente gustosi dagli intenditori, vengono arrostiti interi, previa eviscerazione.
Per la loro polposità vengono prediletti i tagli della coscia di cinghiale, ma in alcune zone anche la carne della testa è considerata una prelibatezza.
Trattandosi di selvaggina, risulta conveniente sottoporre la carne a marinatura prima di passare alla cottura, per evitare spiacevoli note di selvatico nella carne quando la si va ad assaggiare (in acqua, aceto, vino o latte). La frollatura non è invece solitamente praticata sulla carne di cinghiale, anche perché essa tende ad andare a male assai più velocemente di altri tipi di carne. Proprio il suddetto motivo, con la conseguente esigenza di poter conservare la carne in eccesso il più a lungo possibile quando la surgelazione ancora non esisteva, ha fatto sì che, in particolare in Italia centrale, divenisse popolare l’insaccatura della carne di questo animale, dando origine ai famosi e pregiati prosciutti e salami di cinghiale.