Ingredienti
- 400gr Provolafresca
- 2 Uova
- 25gr Farina 00
- 40gr Pangrattato
- 1/2 litro olio arachidi
- qb Pepe
- qb Sale
Direzione
Provola Fritta alla Casertana
La Provola Fritta alla Casertana è un secondo piatto gustoso e saporito ideale per un pranzo od una cena in famiglia o con amici o per un buffet.
Per la Provola Fritta alla Casertana
disporre tutti gli ingredienti dosati sul piano di lavoro.
Sul piano di lavoro, con un coltello ben affilato,
tagliare a fettine spesse le provole e tenere da parte.
In un piatto fondo mettere il pangrattato
e tenere da parte.
In un piatto fondo mettere la farina
e tenere da parte.
In un piatto fondo sbattere con i rebbi di una forchetta le uova
con 1 pizzico di sale e tenere da parte.
In una padella antiaderente
mettere a scaldare l’olio di arachidi.
Mettere a friggere le fettine di provola panate
in ogni loro parte.
Prelevarle dalla padella con un mestolo forato
e disporle su carta assorbente da cucina
per far rilasciare l’olio in eccesso.
Depositarle su di un piatto di portata
e cospargerle con un po’ di sale
Servire direttamente in tavola
il piatto di portata preparato.
Nota
La Provola Fritta alla Casertana si può accompagnare con patatine fritte o con verdura frasca di stagione.
La provola è un formaggio di latte vaccino, a latte crudo e a pasta cotta o pasta semicotta e filata.
In genere ha la forma di una sfera schiacciata, dal peso di circa mezzo chilo.
C’è anche un tipo di provola ottenuta da latte bufalino che viene prodotta in Campania.
L’istituto di scienze dell’alimentazione (ISA) sostiene che l’origine del termine “Provola” deriva dalla parola “Pruvatura” o “Pruvula” con la quale veniva anticamente identificato il formaggio fatto assaggiare ai componenti del Capitolo (adunanza dei religiosi) recatosi in processione al monastero di San Lorenzo in Capua, in provincia di Caserta.
Poiché però a Napoli nell’antichità si parlava greco e infatti i romani chiamavano i napoletani ‘i greci della Campania’, alcuni propongono invece un’etimologia più glottologica e cioè quella che richiama il nome dal greco antico provolà (attico προβολή, dorico προβολά, dove con il segno β si rendeva anche la voce ‘v’), termine che significa ‘sporgenza’ e con il quale si indicavano quindi genericamente tutte quelle cose che sporgessero, come per esempio uno scoglio, o che si tenessero protese in avanti, come nel caso di armi; il nome sarebbe quindi dovuto a quella caratteristica piccola protuberanza che la provola presentava nella sua forma più classica, cioè in quella che tuttora si dà al formaggio chiamato appunto ‘provolone’ e alla qualità detta ‘scamorza’.
È comunque il latticino di origine campane del quale possediamo le più antiche documentazioni, ed è di conseguenza rappresentata nei presepi napoletani sin dal 1600.
In merito ai sali minerali, risultano apprezzabili i livelli di calcio, fosforo e zinco. Anche il sodio è parecchio elevato. La provola è un alimento inadatto alla dieta contro il sovrappeso, l’ipercolesterolemia, l’ipertensione e, in genere, contro la sindrome metabolica.
Provola e provolone sono diversi non solo per le dimensioni, ma anche per il gusto. La provola è generalmente più delicata, mentre il provolone ha un sapore più intenso, merito anche della stagionatura più lunga.
Un primo e funzionale modo per conservare per circa 3 giorni la provola fresca, consiste nel ricoprirla con una pellicola e poi adagiarla in un contenitore per alimenti, riponendo quest’ultimo nella parte bassa del frigo e ad una temperatura di circa 4 gradi.