Ingredienti
- 150gr Guanciale
- 7 PomodoriS. Marzano o pelati
- 1 cucchiaio Olio Evo
- 10cl Vino bianco secco
- 100gr PecorinoRomano
- 1/2 Peperoncino
- qb Sale
Direzione
La Salsa Amatriciana, la ricetta antica originariamente non prevedeva l’uso del pomodoro, essa infatti risale ad epoche precedenti l’introduzione di questo vegetale in Italia.
Attenzione se non si usa il guanciale
pare che non si possa chiamarla Amatriciana.
La Salsa Amatriciana si deve usare obbligatoriamente
con gli spaghetti ed altrettanto obbligatoria la spolverata di pecorino romano.
Per la Salsa Amatriciana
disporre tutti gli ingredienti dosati sul piano di lavoro.
Lavare, asciugare con carta assorbente da cucina,
i pomodori, tagliarli a fettine, togliere i semi e tenere da parte.
Lavare, asciugare con carta assorbente da cucina,
il peperoncino, tagliarne 1 pezzetto e tenere da parte.
Tagliare a dadini il guanciale e tenere da parte.
Ungere una padella antiaderente con il cucchiaio d’olio evo
e rosolare il guanciale tagliato a dadini ed il pezzetto di peperoncino.
Spruzzare con il vino bianco,
poi togliere il guanciale per togliere l’eccesso di olio
e per non farlo seccare troppo e tenere da parte.
Unire i pomodori tagliati a fettine e senza semi.
Dopo 2 o 3 minuti rimettere dentro i pezzetti di guanciale
e togliere il peperoncino.
Rimescolare ancora per po’.
Lessare la pasta e scolarla al dente.
Metterla in una ciotola aggiungendo il pecorino grattugiato.
Aggiungere la salsa ottenuta e mescolare.
Guarnire con altro pecorino,a piacere.
Servire in tavola su piatto di portata
o ad ogni commensale su piatto individuale.
Nota
L’Amatriciana (matriciana in romanesco) è un condimento per la pasta tipico della tradizione gastronomica di Amatrice, cittadina in provincia di Riieti, nella regione Lazio. Dal 6 marzo 2020 è ufficialmente riconosciuta come Specialità Tradizionale Garantita dell’Unione Europea. L’Amatriciana, inserita nell’elenco dei Prodotti Agroalimentari Tradizionali Laziali, è una specialità della cucina laziale, ma ciò è dovuto al fatto che il suo luogo di origine, la cittadina di Amatrice, passò al Lazio dall’Abruzzo nel 1927. Sua antenata è la gricia (o griscia), un guazzetto per condire il pane risalente al periodo in cui la città di Amatrice ricadeva nel dipartimento dell’Abruzzo Ultra, del Regno delle Due Sicilie. Secondo alcuni il nome deriverebbe da gricio. Così era chiamato nella Roma dell’Ottocento il venditore di pane ed altri commestibili. Nella ricetta dell’Amatriciana tradizionale STG, il sugo è composto da: guanciale di Amatrice De.Co. soffritto e sfumato con vino bianco secco, pomodoro San Marzano o in alternativa pomodoro pelato di qualità, formaggio Pecorino di Amatrice De.Co. (proveniente dai Monti Sibillini o dai Monti della Laga ) Olio EVO, peperoncino fresco o essiccato, sale e pepe. Come formato di pasta da condire per la ricetta dell’Amatriciana tradizionale STG di Amatrice occorre rigorosamente usare quello degli Spaghetti. Amatrice stessa si fregia del titolo di “Città degli spaghetti all’amatriciana”, come impresso anche sui cartelli stradali di benvenuto, che accolgono all’entrata in paese. Con delibera 27/2015, il Comune di Amatrice ha formalizzato le ricette, sia della versione bianca, sia della versione rossa, in un Disciplinare di produzione De. CO. che, con il pieno supporto della Regione Lazio ha iniziato immediatamente il percorso volto a ottenere il prestigioso riconoscimento europeo SGT per un’ulteriore tutela dell’originalità della ricetta. La domanda di registrazione del Disciplinare di produzione dell’Amatriciana tradizionale STG è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea nel novembre 2019, con tre mesi di tempo per potersi opporre. Non essendo sopraggiunta alcuna opposizione, il marchio STG è stato attribuito alla ricetta dell’Amatriciana tradizionale con pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea del Regolamento 2020/395 nel marzo 2020. Come chiaramente indicato nel disciplinare, non sono previsti né aglio né cipolla, e tantomeno l’uso della pancetta al posto del guanciale.
Il Capsicum noto come peperoncino appartiene alla famiglia delle Solanaceae originario delle Americhe ma attualmente coltivato in tutto il mondo. Oltre al noto peperone il genere comprende varie specie di peperoncini piccanti, ornamentali e dolci.
Secondo alcuni, il nome latino “Capsicum” deriva da “capsa”, che significa scatola, e deve il nome alla particolare forma del frutto, una bacca, che ricorda proprio una scatola con dentro i semi.
Il peperoncino piccante era usato come alimento fin da tempi antichissimi. Dalla testimonianza di reperti archeologici sappiamo che già nel 5500 a.C. era conosciuto in Messico come pianta coltivata, ed era la sola spezia usata dagli indiani del Perù e del Messico. In Europa il peperoncino giunse grazie a Cristoforo Colombo che lo portò dalle Americhe col suo secondo viaggio, nel 1493. Poiché Colombo sbarcò in un’isola caraibica, molto probabilmente la specie da lui incontrata fu il Capsicum Chinense, il più diffuso in quelle isole.
Il frutto viene consumato fresco, essiccato, affumicato, cotto o crudo. Oltre alla sua capacità di bruciare il palato, si utilizza anche per aromatizzare, nonché per fare salse piccanti. Nelle specie piccanti, la capsaicina si concentra nella parte superiore della capsula, dove ci sono ghiandole che la producono, diffondendosi poi lungo la capsula. Al contrario di quanto si crede comunemente, non sono i semi, ma la membrana interna, la placenta, che contiene la maggior parte di capsaicina: quindi è quasi inutile togliere i semi per ridurre la piccantezza del frutto, mentre è consigliabile togliere la placenta.
In Italia il peperoncino è ampiamente usato e alcune regioni ne hanno fatto, soprattutto ispirandosi a piatti spagnoli e aragonesi, la base dei propri piatti regionali, come la Calabria, con la sardella e la famosa nduja, la Basilicata con i peperoni cruschi (“croccanti” in dialetto) per preparare piatti come Acquasale e Baccalà alla Lucana, la Campania con il baccalà alla gualalegna (gualano=bracciante) dove si abbina il crusco con il piccante, al peperone di Senise(in dialetto locale Zafaran), che ha ottenuto il marchio IGP dall’Unione Europea) e in generale tutto il Sud peninsulare. All’estero il peperoncino è usato molto in Messico (nelle salse, nel chili con carne), in Nordafrica (dove è alla base della Harissa ), in India, in Thailandia e nelle due Coree. Le cucine indiana, indonesiana, cinese sono associate all’uso del peperoncino, sebbene la pianta sia arrivata in Asia solo dopo l’arrivo degli europei
Il peperoncino è un condimento molto popolare. Quattro composti del peperoncino, tra cui i flavonoidi e i capsaicinoidi, hanno un effetto antibatterico, cosicché cibi cotti col peperoncino possono essere conservati relativamente a lungo. Questo spiega anche perché più ci si sposta in regioni dal clima caldo, maggiore sia l’uso di peperoncino ed altre spezie.
La capsaicina provoca dolore e infiammazioni se consumata in eccesso. Rappresenta anche l’ingrediente principale nello spray al pepe, usato come “arma non letale”.