Carciofo Cynara scolymus
Carciofo Cynara scolymus

Il carciofo (Cynara cardunculus L. ssp.scolymus (L.) Hegi) è una pianta della famiglia delle Asteraceae coltivata in Italia e in altri Paesi per uso alimentare e, secondariamente,medicinale.
Etimologia
La parola carciofo, la cui radice è usata per indicare questa pianta nella maggioranza delle lingue indoeuropee, procede dall’arabo al-kharshûf.
Descrizione
Il carciofo è una piantaerbacea perenne alta fino a 1,5 metri, provvista di un rizomasotterraneo dalle cuigemme si sviluppano più fusti, che all’epoca della fioritura si sviluppano in altezza con una ramificazionedicotomica. Il fusto è robusto, cilindrico e carnoso, striato longitudinalmente.
Le foglie presentano uno spiccato polimorfismo anche nell’ambito della stessa pianta. Sono grandi, oblungo-lanceolate, con lamina intera nelle piante giovani e in quelle vicino ai capolini, pennatosetta e più o meno incisa in quelle basali. La forma della lamina fogliare è influenzata anche dalla posizione della gemma da cui si sviluppa la pianta. La superficie della lamina è verde lucida o verde-grigiastrasulla pagina superiore, mentre nella pagina inferiore è verde-cinereaper la presenza di una fitta tomentosità. Le estremità delle laciniefogliari sono spinose secondo la varietà.
I fiori sono riuniti in un capolino (detto anche calatide) di formasferoidale, conica o cilindrica e di 5–15 cm di diametro, con unricettacolo carnoso e concavo nella parte superiore. Sul ricettacolo sono inseriti i fiori, tutti con corolla tubulosa e azzurro-violacea ecalice trasformato in un pappo setoloso. Nel capolino immaturo l’infiorescenza vera e propria è protetta da una serie di bratteestrettamente embricate, mucronate o spinose all’apice. Fiori e setole sono ridotti ad una corta peluria che si sviluppa con il procedere dellafioritura. In piena fioritura le brattee divergono e lasciano emergere i fiori. La parte edule del carciofo è rappresentata dalla base delle brattee e dal ricettacolo, quest’ultimo comunemente chiamato cuore. In Sardegna è molto richiesta anche la parte terminale dello scapo fiorale dalla terzultima o penultima foglia.
Capolino di carciofo in piena fioritura
Il frutto è un achenioallungato e di sezione quadrangolare, provvisto di pappo.
Tassonomia
In questa specie sono stati identificati, con l’ausilio di marcatori molecolari (AFLP, microsatelliti e transposon display), tre differenti taxa:
C. cardunculus var. sylvestris Lam. (cardo selvatico) abbondantemente diffusa allo stato spontaneo nel bacino occidentale del mediterraneo;
C. cardunculus var. altilis DC. (cardo coltivato);
C. cardunculus subsp. scolymus (L.) Hegi (carciofo).
Varietà
Le varietà di carciofo sono classificate secondo diversi criteri. I principali sono i seguenti:
In base alla presenza e allo sviluppo delle spine si distingue fra varietà spinose e inermi. Le prime hanno capolini con brattee terminati con una spina più o meno robusta, le inermi hanno invece brattee mutiche o mucronate.
In base al colore del capolino si distingue fra varietà violette everdi.
In base al comportamento nel ciclo fenologico si distingue fra varietà autunnali o rifiorenti e varietà primaverili. Le prime si prestano alla forzatura in quanto possono produrre capolini nel periodo autunnale e una coda di produzione nel periodo primaverile. Le seconde sono adatte alla coltura non forzata in quanto producono capolini solo dopo la fine dell’inverno.
Fra le varietà più famose si annoverano il “Paestum” (carciofo IGP proveniente dall’omonima città della magna grecia di Capaccio-Paestum) Spinoso sardo (coltivato anche in Liguria con il nome diCarciofo spinoso d’Albenga), il Catanese, il Verde di Palermo, laMammola verde, il Romanesco, il Violetto di Toscana, il Precoce di Chioggia, il Violetto di Provenza, il violetto di Niscemi. Le varietà di maggiore diffusione in passato erano il Catanese, lo Spinoso sardo e il Violetto di Provenza, fra i tipi autunnali forzati, e il Romanesco e ilVioletto di Toscana fra quelli primaverili non forzati. Lo Spinoso sardo, una delle varietà più apprezzate nel mercato locale e in alcuni mercati dell’Italia settentrionale ha subito un drastico ridimensionamento dagli anni ’90 a causa della ridotta pezzatura media dei capolini e della minore precocità di produzione rispetto ad altre cultivar più precoci (Tema, Terom, Macau, ecc.).
Storia
Documentazioni storiche, linguistiche e molecolari sembrano indicare che la domesticazione del carciofo (Cynara scolymus) dal suo progenitore selvatico (Cynara cardunculus) possa essere avvenuta in Sicilia, a partire dal I secolo circa.
La pianta chiamata Cynara era già conosciuta dai greci e dai romani, ma sicuramente si trattava di selvatico. A quanto sembra le si attribuivano poteri afrodisiaci, e prende il nome da una ragazza sedotta da Giove e quindi trasformata da questi in carciofo.
Nel secolo XV il carciofo era già consumato in Italia. Venuto dallaSicilia, appare in Toscana verso il 1466. Nella pittura rinascimentale italiana, il carciofo è rappresentato in diversi quadri: “L’ortolana” di Vincenzo Campi, “L’estate” e “Vertumnus” di Arcimboldo.
La tradizione dice che fu introdotto in Francia da Caterina de’ Medici, la quale gustava volentieri i cuori di carciofo. Sarebbe stata costei che lo portò dall’Italia alla Francia quando si sposò con il re Enrico IIdi Francia. Luigi XIV era pure un gran consumatore di carciofi.
Gli olandesi introdussero i carciofi in Inghilterra: abbiamo notizie che nel 1530 venivano coltivati nel Newhall nell’orto di Enrico VIII.
I colonizzatori spagnoli e francesi dell’America introdussero il carciofo in questo continente nel secolo XVIII, rispettivamente inCalifornia e in Louisiana. Oggi in California i cardi sono diventati un’autentica piaga, esempio tipico di pianta invadente di un habitat in cui non si trovava precedentemente.
Coltivazione
La produzione mondiale del carciofo, secondo la FAO[1], ha raggiunto nel 1979 i 12.770.000 quintali; la stessa FAO stima che la coltura riguarda al 90% l’area mediterranea, e al 56% l’Italia.
Di fatto i carciofi si coltivano soprattutto in Italia, Spagna e Francia. Negli Stati Uniti d’America la maggior produzione di carciofi si ha nello stato della California, e all’interno della California la contea diMonterey concentra più dell’80% del totale.
Da qualche anno, a causa di un’epidemia degli asparagi, nelle terre nuove del progetto Chavimochic del Perù si cominciò a coltivare il carciofo con il fine di esportarlo ai paesi europei, e a tutt’oggi il carciofo supera in volume di vendita la esportazione degli asparagi, facendo del Perù il primo esportatore del mondo di carciofi.
Una resa tipica della coltivazione è di 100 quintali per ettaro.
Ciclo fenologico
Piantagione di carciofi in Bretagna, vicino a Morlaix
Il carciofo è una tipica pianta degli ambientimediterranei. Il suo ciclo naturale è autunno-primaverile: alle primepiogge autunnali le gemme del rizoma si risvegliano ed emettono nuovi getti. I primi capolini sono emessi verso la fine dell’inverno, a partire dal mese di febbraio. In tarda primavera la pianta va in riposo con il disseccamento di tutta la parte aerea.
Nelle zone più calde delle regioni mediterranee il carciofo viene coltivato con una tecnica di forzatura che ha lo scopo di anticipare al periodo autunnale la produzione di capolini. La tecnica consiste nel forzare il risveglio nel corso dell’estate: dai rizomi di una coltura precedente si prelevano le gemme, dette ovuli, e dopo una fase di pregermogliamento sono messi a dimora dalla seconda metà digiugno in poi, facendo seguire un’irrigazione copiosa. In questo modo l’attività vegetativa ha inizio in piena estate, con differenziazione afiore nel mese di settembre e produzione dei capolini di primo taglio nei mesi di ottobre e novembre.
La forzatura del carciofo produce risultati solo nelle cultivar rifiorenti, e in ogni modo è causa di situazioni di stress biologico che deprimono la longevità della carciofaia. Per questo motivo le carciofaie forzate sono condotte in coltura annuale, biennale o triennale. Dopo il secondo o terzo anno la percentuale di diradamento è tale da rendere economicamente più vantaggioso ilreimpianto della carciofaia.
Propagazione
Il carciofo si può propagare sia per via sessuata, con la riproduzione da seme, sia per via vegetativa sfruttando la sua naturale predisposizione ad emettere nuove piante dalle gemme del rizoma. La riproduzione da seme, pur essendo tecnicamente attuabile, non ha alcuna utilità pratica per le cultivar italiane: a causa del forte grado di eterozigosi delle nostre varietà, le piante nate da seme avrebbero caratteri completamente diversi ed eterogenei rispetto allo standard varietale. La propagazione vegetativa tradizionale segue metodi diversi secondo il tipo di ciclo colturale, ma si riconducono a due tipi: la propagazione per ovoli e quella per carducci.
Gli ovoli sono porzioni di rizoma ingrossate provviste di una o più gemme. La propagazione per ovoli si pratica con il prelievo, all’inizio dell’estate, dei rizomi dalle vecchie carciofaie. Da questi vengono separati gli ovoli, messi a pregermogliare per uno o due giorni e poi messi a dimora in un periodo che va dalla seconda metà di giugno fino agli inizi di agosto. L’epoca di “semina” è correlata all’epoca del raccolto del primo taglio.
I carducci sono i polloni basali emessi dal rizoma delle piante di oltre un anno d’età nelle prime fasi vegetative. Fra le operazioni colturali che si praticano durante la fase vegetativa è prevista lascarducciatura, ossia il diradamento della coltura con l’eliminazione dei polloni in quanto sottraggono risorse nutritive alla pianta a scapito delle rese qualitative della produzione. I polloni asportati possono essere messi a dimora in autunno per impiantare una carciofaia poliennale che darà la prima produzione al secondo anno d’impianto.
Le colture ottenute da ovoli iniziano il loro ciclo in piena estate e sono pertanto in grado di produrre capolini già nell’autunno successivo o nella primavera successiva. Questa tecnica di propagazione è pertanto utilizzata per le varietà autunnali o rifiorenti in coltura forzata. Le colture ottenute da carducci iniziano il loro ciclo in autunno inoltrato e poiché la pianta non riesce ad acquisire una sufficiente vigoria l’impianto è finalizzato a dare la prima produzione al secondo anno. Questa tecnica si adotta pertanto per le varietà primaverili in coltura non forzata.
La propagazione vegetativa ha il pregio di trasmettere il genotipodelle piante madri alle piante propagate, permettendo il mantenimento dello standard varietale. Ha però lo svantaggio di trasmettere le virosi accumulate, che sono una delle principali cause che riducono la longevità di una carciofaia. Per migliorare lo stato fitosanitario delle colture si può ricorrere a piante ottenute damicropropagazione. Questa tecnica consiste in una moltiplicazionein vitro con l’espianto dei meristemi apicali dagli apici vegetativi delle piante. I meristemi prelevati, detti espianti, essendo composti da cellule embrionali possono rigenerare un’intera pianta se opportunamente trattati (coltivazione in vitro su substrati nutritivi in cella climatica).
Il principio su cui si basa la micropropagazione risiede nel fatto che le cellule vegetali embrionali, essendo in fase di moltiplicazione, non sono infettate dai virus, pertanto le piante micropropagate sono risanate, ossia esenti da virus. In realtà la sicurezza del risanamento dipende dall’età delle cellule prelevate: le cellule effettivamente sane sono quelle del cono vegetativo, che rappresentano una porzione minima del meristema apicale, mentre all’aumentare della distanza dall’apice meristematico aumenta la probabilità che la cellula sia infettata dai virus. Con espianti di dimensioni ridotte aumenta la percentuale di risanamento delle piante micropropagate, per contro si riduce la percentuale di attecchimento. Un congruo compromesso si raggiunge prelevando espianti di dimensioni dell’ordine di mezzo millimetro.
Le colture ottenute da piante micropropagate presentano, almeno nei primi anni, un migliore stato fitosanitario che si manifesta con una maggiore vigoria e, di riflesso, una più elevata produttività. La micropropagazione presenta per contro degli svantaggi:
Le colture micropropagate sono più suscettibili alle avversità ambientali, pertanto il mantenimento dello stato fitosanitario richiede cure colturali più attente.
La micropropagazione è una tecnica costosa perché la prima fase richiede l’impiego di attrezzature di laboratorio e tecnici altamente specializzati. Il materiale micropropagato pertanto è molto più costoso di quello tradizionalmente usato, che in sostanza è materiale di scarto il cui costo è essenzialmente legato alla manodopera richiesta per il prelievo.
Le piante micropropagate danno produzioni qualitativamente differenti da quelle micropropagate quando allo standard varietale contribuisce la base genetica dei virus latenti integrati nel DNAdell’ospite. Questo fenomeno si è riscontrato ad esempio nelloSpinoso sardo, che con la micropropagazione perde in modo significativo parte delle proprietà organolettiche.
Principi attivi
Dopo l’acqua, il componente principale dei carciofi sono i carboidrati, tra i quali si distinguono l’inulina e le fibre.
I minerali principali sono il sodio, il potassio, il fosforo e il calcio.
Tra le vitamine prevale la presenza di B1, B3, e piccole quantità divitamina C.
Più importante per spiegare le attività farmacologiche degli estratti di carciofo è la presenza di un complesso di metaboliti secondaricaratteristici:
Derivati dell’acido caffeico: tra gli altri acido clorogenico, acido neoclorogenico, acido criptoclorogenico, cinarina.
Flavonoidi: in particolare rutina.
Lattoni sesquiterpenici: tra gli altri cinaropicrina,deidrocinaropicrina, grosseimina, cinaratriolo.
Usi terapeutici
La cinarina sembra avere effetti colagoghi. Gli estratti di carciofo hanno mostrato in studi clinici di migliorare la coleresi e lasintomatologia di pazienti sofferenti da dispepsia e disturbi funzionali del fegato. La cinarina ha mostrato di essere efficace come rimedio ipolipidemizzante in vari studi clinici.
La cinarina ha anche effetti coleretici, sembra cioè stimolare lasecrezione di bile da parte delle cellule epatiche e aumentare l’escrezione di colesterolo e di materia solida nella bile.
I derivati dell’acido caffeico in genere mostrano effetti antiossidanti edepatoprotettivi.
La Cinarina è anche ipocolesterolemizzante, tramite l’inibizione dellabiosintesi del colesterolo e l’inibizione dell’ossidazione delcolesterolo LDL. Diminuisce inoltre il quoziente beta/alfa dellelipoproteine ed ha effetti diuretici.
La medicina naturale e la fitoterapia usano il carciofo nel trattamento dei disturbi funzionali della cistifellea e del fegato, delle dislipidemie, della dispepsia non infiammatoria e della sindrome dell’intestino irritabile. Lo utilizza inoltre, per il suo sapore amaro, in caso dinausea e vomito, intossicazione, stitichezza e flatulenza. La sua attività depurativa (derivata dall’azione su fegato e sistema biliare e sul processo digestivo) fa sì che venga usata per dermatiti legate adintossicazioni, artriti e reumatismi.
L’attività dei principi amari sull’equilibrio insulina/glucagone ne indica la possibile utilità come supporto in caso di iperglicemia reattiva odiabete incipiente, e l’effetto dei principi amari sulla secrezione di fattore intrinseco ne indica un possibile utilizzo in caso di anemia sideropenica.
Usi culinari
La cucina della Liguria valorizza molto questo ingrediente, che, per il fatto di maturare in primavera, diventa in tale periodo il componente base della locale torta pasqualina.
Il basso contenuto calorico del carciofo fa sì che sia speciamente indicato nelle diete dimagranti.
I fiori, come quelli del cardo, contengono il lab-fermento (chimosina), che si usa come caglio del latte.
Specialità della cucina romana sono invece il Carciofo alla Romana(stufato in olio, brodo vegetale, prezzemolo ed aglio), Carciofo alla Giudia (intero e fritto in olio di oliva) e l’insalata di carciofo (crudo a lamelle).
Curiosità
Marilyn Monroe fu nel 1949 la prima “Regina del Carciofo” (Artichoke Queen) nel “Festival del Carciofo” (Artichoke Festival) che tutti gli anni a partire da quell’anno si celebra a Castroville in California.
Pablo Neruda, Premio Nobel per la Letteratura nel 1971, scrisse ilpoema Oda a la Alcachofa (“Ode al carciofo”), che è parte della raccolta Odas Elementales.
Il carciofo, cynaria scolymus, sconosciuto allo stato selvatico deriva da selezionamenti del cardo (Cardo Cardunculus). Il carciofo è un ortaggio che appartiene alla famiglia delle composite.
Le sue proprietà medicinali sono conosciute da tempo antichissimo, apprezzato dai Greci e dagli Egizi.
La pianta del carciofo ha un fusto eretto che può raggiungere un metro d’altezza, i frutti possono essere con spine, senza spine e di piccolo formato. Un buon carciofo deve avere le seguenti caratteristiche: punta chiusa, foglie esterne di colore verde scuro, interne tenere, assenza di peluria, gambo tenero e senza ammaccature.
Le qualità più apprezzate sono: i romani, di Chioggia, campani, sardi.
Nella prima raccolta si ottengono una decina di carciofi per pianta, che in seguito rigenera producendo un certo numero di carciofi più piccoli e teneri.
Effetti farmacologici
Il carciofo è un alimento tonico e digestivo, contiene molto ferro, le attività farmacologiche più note sono:
Coleretica, la Cinarina contenuta nel carciofo provoca un aumento del flusso biliare e della diuresi.
Epato-protettrice, è l’azione più conosciuta e utilizzata. Anche il Cardo Mariano precursore del carciofo è utilizzato allo stesso scopo.
Ipocolesterolemizzante, allo stato attuale è l’azione più importante e studiata.
La Cinarina contenuta nel carciofo in una buona quantità è risultata avere un importante ruolo nell’abbassare il livello del colesterolo. Tale effetto farmacologico è stato dimostrato da numerosi studi scientifici. Le dosi terapeutiche di Cinarina variano da 60 mg a 1,5 g. Le sostanze contenute nel carciofo sono assolutamente prive di tossicità.
Per trarre beneficio di queste straordinarie qualità curative, bisognerebbe assumere una quantità di carciofo fresco pari a 100-300 g al dì per un periodo abbastanza prolungato. I benefici di quest’ortaggio non devono essere vanificati con una scorretta cottura, vanno eliminate le tradizionali e succulente ricette: carciofi alla giudea o giudia, carciofi fritti, carciofini sott’olio…
Ricette consigliate
Le semplicissime ricette riportate sono in grado di salvaguardare sia le capacità organolettiche che le proprietà medicinali.
Carciofi cotti con pentola a doppio fondo: piccole porzioni di carciofo, private delle foglie più esterne, vanno lavate in acqua corrente e versate nella pentola a doppio fondo senza sgocciolarle. La pentola, chiusa con il suo coperchio, va posta su un forellino a fuoco lento.
Raggiunta l’ebollizione, della poca acqua presente, si spegne la fiamma e si lascia a riposo per un’ora senza togliere il coperchio. Gli ortaggi cotti con questo semplice metodo esaltano il loro gusto originale permettendo un’ottima degustazione senza l’uso di condimenti.
Carciofi in pinzimonio o crudi: per questa semplicissima ricetta si utilizzano i carciofi più piccoli e teneri tagliati a piccole porzioni. Le parti di carciofo in precedenza lavate vanno condite con olio, sale e limone.
Carciofi lessi: i carciofi tagliati a fettine si versano in una pentola con poca acqua, a cottura avvenuta si condiscono con olio sale e limone.
Consiglio del farmacista
Il carciofo alla luce dei più recenti studi deve essere considerato un autentico toccasana. Il suo uso dovrebbe entrare nella quotidianità alimentare d’ogni individuo, e in particolar modo in quei soggetti che hanno o potrebbero avere, per ragioni ereditarie, un livello di colesterolo superiore alla media.
Negli anni sessanta un famoso amaro a base di carciofo (Cynar), era pubblicizzato con il seguente slogan: “Contro il logorio della vita moderna”; sarebbe il caso di riportare in auge questa definizione ma associandola ad un uso più razionale e corretto.
depurativo, utile per il fegato, colecisti, disintossicante, ipoglicemizzante,
antibatterico, aiuta la digestione, abbassa il colesterolo, diuretico, artrite, gotta
Il carciofo è della famiglia delle composite, si impiegano le foglie, ha una azione depurativa, utile nei disturbi epato biliari, nelle epatiti, nella insufficienza epatica, nelle colecistiti, nella colelitiasi, nella steatosi epatica, nella ritenzione idrica, regola il flusso biliare, ha una azione disintossicante , di aiuto nel colesterolo alto, è un ottimo regolatore epatico, abbassa la glicemia, utile nell’arteriosclerosi, è un ottimo antibatterico nelle salmonelle, negli stafilococchi, abbassa la azotemia, è depurativo del sangue, favorisce la eliminazione dell’urea e dell’acido urico, utile nella gotta, nelle astenie, nel sovraffaticamento, nel reumatismo, nell’artrite, nelle intossicazioni, nelle infezioni intestinali, nella inappetenza e nella cattiva digestione, stimola la bile, combatte i disturbi della cistifellea ed aiuta a dimagrire, di aiuto nella diarrea, nella idropisia, nell’itterizia, aiuta la circolazione del sangue, del fegato e dei reni.
Principi attivi
cinarina, diestere caffeico dell’acido chinico, flavoniodi, eterosidi del luteolo, cinaroside, scolimoside, ramnoside della luteolina, mucillagini, tannini, sali di potassio, sali di magnesio, ferro organico, vitamine A, B, C, acido pantotecnico, proteine grezze, inulina, enzimi, inulasi, invertasi, ossidasi, proteasi, acido glicolico, glicerico, composti glucosidi A e B, protidi, lipidi, zuccheri costituiti da inulina e quindi permesso ai diabetici, acqua, manganese, fosforo, ferro, acido malico sucinico.
Controindicazioni
non va dato alle donne che allattano, perché ne ostacola la secrezione lattea, si sconsiglia l’uso in caso di occlusione delle vie biliari, in chi sia stata asportata la cistifellea, potrebbe dare allergia in chi è sensibile alle asteracee.