Cicuta Conium maculatum
Cicuta Conium maculatum

La cicuta conium maculatum è trovabile fino a 1800 metri di altitudine, comunemente nota come cicuta o cicuta maggiore, originaria dell’Europa, passata alla storia quale leggendaria bevanda che il filosofo Socrate fu condannato a bere per darsi la morte.
Tuttavia, con tutta probabilità (dati i sintomi descritti nel Fedone diPlatone), Socrate utilizzò una mistura di veleni (cicuta da Conium, oppio e datura).
Descrizione
Conium maculatum è una pianta erbacea, con radice carnosa di colore bianco, dall’ odore sgradevole e nauseabondo.
Il fusto, che può raggiungere 1-2 metri di altezza, è tipicamente arrossato verso il basso e presenta per tutta la lunghezza delle macchie rosso vino.
Le foglie inferiori sono molto grandi e suddivise in un gran numero di foglioline a bordi dentati (foglia composta pennatosetta).
I fiori sono portati ininfiorescenze ad ombrelladi colore bianco. La pianta fiorisce tra aprile ed agosto.
Tossicità
Tutta la pianta è notevolmente velenosa e può portare alla morte. Ciò è dovuto alla presenza di almeno cinque diversi alcaloidi: la coniina, la conidrina, la pseudoconidrina, la metilconicina e la coniceina. La coniina — una neurotossina — è l’alcaloide più attivo ed agisce a livello delle sinapsi neuromuscolari.
La concentrazione dei principi attivi tossici varia in funzione della parte della pianta, in particolare:
frutti verdi: 0,73-0,98 %
frutti maturi: 0,50 %
fiori: 0,09-0,24 %
foglie: 0,03-0,18 %
fusti: 0,01-0,08 %
radici: 0,05 %
Si ritiene che la dose mortale per un essere umano sia di qualche grammo di frutti verdi. Nell’uomo l’ingestione della cicuta provoca problemi digestivi, cefalee ed in seguito parestesia, diminuzione della forza muscolare, e infine una paralisi ascendente.
La pianta è tossica sia per il bestiame che per l’uomo, e per questo motivo viene ignorata dagli erbivori. La dose letale per un cavallo è di circa 2 chilogrammi di foglie, mentre poco più di mezzo chilogrammo è sufficiente per una vacca. La dose letale per una pecora si aggira intorno ai 2 etti. I volatili in genere invece ne sono immuni. Il velenoagisce anche indirettamente, cioè può portare ad avvelenamento anche in seguito ad ingestione di un animale che se ne era cibato in precedenza.
Note
Con il nome comune di cicuta vengono però comunemente indicate anche altre due specie, ciascuna appartenenti a generi differenti:
La cicuta minore (Aethusa cynapium L.), annuale o bienne a seconda delle sottospecie, è detta anche falso prezzemolo. La sua somiglianza con questa pianta aromatica ha portato a fenomeni di avvelenamento per la confusione tra le due.
La cicuta acquatica (Cicuta virosa L.) è una pianta perenne, che cresce in prossimità di acquitrini. È la più velenosa delle tre ma in Italia è rara anche per la bonifica delle zone paludose in cui cresce.
Bibliografia
Sandro Pignatti, Flora d’Italia, Bologna, Edagricole, 1982. ISBN 88-506-2449-2
Jean De Maleissye, Storia dei veleni. Da Socrate ai giorni nostri, Bologna, Odoya, 2008 ISBN 978-88-6288-019-0.
Delle tante pagine che Platone dedica a Socrate, quella di più alto afflato lirico, di più completa resa drammatica, quella dalle ambientazioni più curate e convincenti si trova proprio nel Fedone ai paragrafi 116 A/ 118 A.
Ad una prima lettura si rimane affascinati dalla grandezza divina del filosofo, che si impegna a discettare dell’immortalità dell’anima e della necessità di obbedire alle leggi mentre potrebbe fuggire ed evitare una condanna a morte ingiusta e imposta su basi fumose e vane; rileggendo e rileggendo l’opera, però, ci si accorge che qualcosa stona nell’intelligenza complessiva del racconto.
Non mi riferisco solo al modo in cui viene trattata Santippe, la moglie convenzionalmente tiranna che la tradizione ha voluta affiancare a Socrate, forse per motivarne l’esistenza on the road con l’impossibilità di far fronte ai continui rimbrotti domestici.
La Santippe che ci presenta Platone, invece, è una donna preoccupata per il marito, in lacrime per la vedovanza ormai prossima, scacciata da Socrate a motivo delle sue lacrime, che potrebbero turbare l’atarassia dei suoi ultimi momenti.
Da studenti, ci siamo tutti ribellati all’immagine di questa donna negletta, criticata quando sarebbe dovuta essere compatita, allontanata e poi riaccolta e infine nuovamente cacciata, sola con il suo dolore e la sua preoccupazione.
Qualche perplessità è suscitata anche dall’intera teoria dell’anima di Socrate e, più in là, di Platone, che varia di opera in opera e che, nel Fedone anticipa l’idea cristiana di una vita eterna oltre la morte, di uno stato di beatitudine e perfezione a cui l’involucro del corpo non può ambire.
Ma è la morte in sé che mi da sempre turbato. E’ dunque così facile morire?
Dopo aver bevuto la cicuta, Socrate cammina un po’ nella stanza, poi, quando le gambe si intorpidiscono, si sdraia aspettando serafico che un gelo di morte si impossessi dei suoi arti per risalire dolcemente fino a stroncare il cuore.
La sua ultima raccomandazione, quando ormai Ade sta per ghermirlo, è di innalzare un ex voto ad Asclepio, dio della medicina, che con la cicuta lo guariva per sempre dal male di vivere.
Di quanto Platone ha calcato la mano? Quanto è vera oltre che verisimile questa edificante scenetta?
Molto è la risposta alla prima domanda, pocoalla seconda!
La Cicuta o Conium maculatum, infatti, ha tra i suoi principi attivi la coniina, un alcaloide che paralizza i centri nervosi e porta alla paralisi respiratoria; effetti collaterali sono una certa fissità di sguardo e un ridicolo singhiozzo che in nulla si addice alla fine gloriosa di un grandissimo filosofo quale senza dubbio Socrate fu.
(Pianta Velenosa da non usare)*
Importante: i preparati galenici di questa monografia, sono riportati esclusivamente a titolo didattico o conoscitivo, poichè trattandosi di pianta molto velenosa, i suoi preparati sono di esclusiva competenza del farmacista (Adriano Sonnini)
Conium maculatum L. Nomi volgari: Cicuta, Cicuta maggiore. — È una pianta erbacea, biennale, con radice fusiforme fibrosa, carnosa di colore bianco. Il fusto eretto, cilindrico, fistoloso, striato, ramoso, è alto 1-2 metri e chiazzato di macchie rosso-vinose. Le foglie inferiori, molto grandi, hanno il picciolo lungo, fistoloso con guaina striata a margine membranacea: sono ripetutamente pennate e suddivise in un gran numero di foglioline a bordi dentati, superiormente di colore verde cupo e lucenti, più chiare nella parte inferiore. Le foglie superiori hanno il picciolo ridotto alla sola guaina. I fiori piccoli, di colore bianco sono raccolti in ombrelle composte di 10-20 raggi, con brattee involucrali lanceolate-lineari, acuminate e reflesse. Il frutto è ovoide, si divide a maturità in due acheni, muniti di 5 cestole prominenti, ondulate-crenate. Tutta la pianta, specialmente se stropicciata emana un odore viroso, sgradevole.
Habitat — Cresce nei luoghi erbosi e umidi, dal mare alla zona submontana in tutta la penisola e le isole. Fiorisce in giugno-luglio.
Cenni storici — Le proprietà tossiche e medicamentose della Cicuta sono conosciute fin dai tempi più antichi. Era impiegata come narcotica, antispasmodica, antitetanica, contro i dolori cancerosi, come antirabbico. Gli Ippocratici la usavano sia per via esterna che per via interna. I Greci preparavano con i frutti immaturi il veleno da somministrare ai condannati a morte. I sintomi di questo avvelenamento sono descritti magistralmente da Fiatone nel Fedone (morte di Socrate). Durante il Medio Evo si indicavano con lo stesso nome e si confondevano la Cicuta maggiore e la Cicuta vi- rosa. I grandi botanici del secolo xvi come Mat- tioli, Bock De l’Ecluse, Bauhim, distinguevano bene le due specie e attribuivano il nome di Cicuta al Conium maculatum. Mattioli ha fatto interessanti osservazioni su avvelenamenti dovuti a questa specie, visti e curati personalmente da lui.
Principi attivi — Tutta la pianta è fortemente tossica. In medicina si usano le foglie ed i frutti. Contiene 5 alcaloidi: la coniina, la conidrina, la pseudoconidrina, la metilconicina e la coniceina. La coniina è l’alcaloide più attivo, svolge un’azione curarica paralizzando le terminazioni dei nervi motori, e successivamente i centri midollari. L’azione esercitata dagli altri 4 alcaloidi non è ancora ben conosciuta. Le foglie contengono inoltre esperidina. carotina, un olio essenziale, potassio e magnesio, i frutti contengono acido acetico, malico, caffeico. amido, resine, sostanze peptiche ed un olio essenziale differente da quello delle foglie.
Azioni farmacologiche — Le proprietà calmanti della Cicuta erano considerate utili in moltissime malattie. È stata consigliata nelle nevralgie, tetano. epilessia, tosse canina, corea, asma, tossi convulsive. spermatorrea, ninfomania e per calmare i dolori del cancro. Per via esterna, sotto forma di cata- plasmi, di empiastri o pomate; era prescritta contro i tumori del seno, le ulcerazioni fungose, le adeniti cervicali, l’impetigo, l’erisipela, le ulceri sifilitiche, ecc.
Modi di impiego — È una droga da usare con la massima cautela per la sua tossicità. La tintura si consigliava alla dose di 10-40 gocce e l’alcolaturo di 0,05-0,30 g. Per via esterna si applicano cataplasmi di foglie fresche contuse o la pomata preparata con 5 g di estratto e 60 g di sugna.
Nota — Un’altra ombrellifera velenosa, che s medici del Medio Evo confondevano con la Cicuta maggiore è la Cicuta virosa L. chiamata volgarmente Cicuta acquatica o Cicuta minore, pianta acquatica con il fusto cilindrico cavo, non pruinoso come quello della Cicuta maggiore, alto 0.50- 1,50 m. Le parti aeree hanno odore e sapore simile a quello del sedano e del prezzemolo. Le foglie sono grandi con un lungo picciolo tubolare divise in foglioline lanceolate, dentate, mucronate. II rizoma grosso, fusiforme è cavo e diviso in vane concamerazioni; geme al taglio un latice giallastro, acre. Il suo avvelenamento differisce da quello della Cicuta maggiore perché comincia con crisi epilettoidi e tetaniche. È una pianta piuttosto rara. cresce nei luoghi acquitrinosi, nelle risaie della Lomellina, nel lago di Alserio, nel Mantovano ecc. Anche l’Aethusa cynapium L., chiamata volgarmente Cicuta aglina o Erba aglina, pianta erbacea annua. fetida, con fusto alto 20-60 cm striato rossiccio. con foglie molli, bi-tripennatosette a segmenti ovali lanceolati, incisi in lobi lanceolati-lineari, con fiori bianchi raccolti in ombrelle di 5-12 raggi, gode fama di pianta velenosa. La sua tossicità è alquanto dubbia e non ancora bene dimostrata.
Tratto da: Piante medicinali e velenose della flora italiana
Edizioni artistiche Maestretti – Istituto Geografico De Agostini Novara