Piacentinu ennese DOP

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Piacentinu ennese DOP

Piacentinu ennese (in siciliano piacentinu ennisi), è un formaggio siciliano prodotto con latte di pecora intero in forme da 6 a 14 kg e caratterizzato dall’aggiunta di zafferano (coltivato in provincia di Enna in via sperimentale) e di grani di pepe nero che, oltre a dare al piacentino una inconfondibile colorazione giallo-arancione, gli conferiscono un sapore spiccato e lievemente piccante.

Si racconta che il nome Piacentinu derivi dal termine “piacenti”, che in siciliano significa “ciò che piace”.

Un’altra leggenda afferma invece che proviene da “piagentinu”, che significa “piangente”, a causa delle lacrime di grasso che trasudano dalla forma.

E’ stato citato nel IV secolo d.C. dallo storico Gallo, il quale raccontava dei sistemi di salatura e dell’aggiunta dello zafferano per conferirgli il colore tipico.

Il racconto più fantasioso che lo coinvolge chiama in causa Ruggero il Normanno che, intorno al 1090 d.C., ordinò di inventare un formaggio per combattere la depressione della moglie Adelasia.

Difatti lo zafferanno era considerata una spezia energizzante, antiossidante e antidepressiva.

Il “Piacentinu ennese” ha ottenuto la Denominazione di Origine Protetta (DOP) a livello europeo il 15 febbraio 2011. Questo formaggio rappresenta la millesima denominazione d’origine registrata in Europa, motivo di orgoglio anche per il Commissario Europeo Dacian Cioloș.

Assieme ad altre peculiarità quali la Pesca tardiva di Leonforte, la Fava larga di Leonforte e il Pan del Dittaino (DOP) il piacentino ennese costituisce uno degli elementi portanti della gastronomia tipica locale della Provincia di Enna, nel cuore geografico e naturalistico della Sicilia.

Al latte crudo viene aggiunto lo zafferano e poi il caglio di agnello o di capretto. La cagliata, presamica, viene tagliata fine e cotta con l’immissione di acqua calda a 75°.

Alla pasta, una volta estratta e tagliata grossolanamente, si aggiunge eventualmente pepe in grani.

La formatura avviene in canestri, successivamente posti nella scotta per alcune ore.

La salatura è a secco, in due tempi, a distanza di 10 giorni. Il caglio è di provenienza locale, così come lo zafferano.

La stagionatura dura almeno 60 giorni.

La crosta è dura, con i solchi dei canestri, si notano i grani di pepe su tutta la superficie e il colore è giallo per la presenza dello zafferano, così come nella pasta, compatta, dura, untuosa, con occhiatura di dimensione fine regolare e regolarmente distribuita.

E’ un formaggio grasso, di breve e media stagionatura, a pasta dura.

E’ sia da tavola, sia grattugiato, se stagionato.

Apprezzato quando è accompagnato a fave fresche, verdure di stagione, pomodori, olive, anche con la Caponata di melanzane.

Può essere tenuto per fine pasto e accostato a un miele delicato, oppure a frutti come pere, fichi e anche a frutta secca.

Fa parte della tradizionale cucina ennese e si usa per farcire il Ciarbiddùzzu abbuttunàtu, il Capretto imbottito.

 

 

 

Pecorino sardo

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